Un tragico pomeriggio di maggio del ’66 si concluse la vita del primo grande pugile britannico di sangue misto, Randolph Turpin.
Il mancato pagamento delle tasse dovute ed i debiti correnti divenuti incontenibili ne avevano ormai decretato la bancarotta.
Al culmine della sua folle giornata, prima di rivolgere la pistola contro se stesso, Turpin aveva centrato con due colpi la più giovane delle sue quattro figlie, di soli diciassette mesi d’età.
Miracolosamente, la piccola si salvò dopo un lungo ricovero.
Lasciava così il mondo, a 37 anni, un pugile che aveva saputo infiammare il pubblico d’oltremanica, di forte rappresentanza per le minoranze etniche dell’isola che vedevano nella sua pelle ambrata, frutto di una madre bianca ed un padre caraibico, una rivincita sulle ingiustizie e vessazioni subite.
Nel luglio del 1951 Turpin strappò il titolo dei medi dalle più prestigiose mani della storia della boxe, quelle di Sugar Ray Robinson, nell’ultimo incontro della tournée dell’americano in Europa.
Solo 64 giorni più tardi, il grande Ray se lo sarebbe ripreso con un knock-out di metà match.
La sconfitta peggiore della carriera, comunque, Turpin l’avrebbe patita a Roma, con un violentissimo gancio sinistro di Tiberio Mitri che chiuse i conti a meno di un minuto dal principio del match.
Per il resto, la sua carriera fu una lunga cavalcata vincente, con la ricchezza ed una famiglia felice a corredare il tutto, ma a stridere con una forte depressione che mai riuscì a combattere.
Totalmente sordo da un orecchio, per un incidente occorsogli da bambino nel quale aveva seriamente rischiato d’annegare, Turpin era costretto a seguire con gli occhi un suo secondo d’angolo preposto a segnalargli il termine del round.
Nella sua città natale, Leamington, splendida cittadina termale nel Warwickshire, la sua casa è stata trasformata in un museo grazie ai molti cimeli della sua gloriosa carriera.
A dirigere l’impresa è Carmen, la figlia a cui Randy aveva inspiegabilmente sparato prima di togliersi la vita.
Così vanno le cose del mondo.