Una settimana di prova
Un racconto di Giovanni Renella
(Tratto da “Don Terzino e altri racconti” Graus Editore, 2017)
La cassa integrazione si era abbattuta come una mannaia sul già magro bilancio della famiglia di Mario.
Se non ci fossero state le lezioni private della moglie, insegnante precaria, non avrebbero proprio saputo come provvedere al proprio sostentamento.
All’auto aveva rinunciato da tempo e il cellulare veniva utilizzato solo per comunicare un ritardo, qualche contrattempo o una notizia della massima urgenza.
A quarantacinque anni era difficile reinventarsi, trovare un qualsivoglia lavoro che potesse consentirgli di guadagnare di più, non tanto per lui quanto per le sue figlie di otto e dodici anni.
Rinunciando a molto, per non dire a tutto, Mario e la moglie erano sempre riusciti a non far mancare mai nulla ai loro due tesori.
Quell’improvviso taglio allo stipendio, però, aveva mandato in frantumi la possibilità concreta di far praticare uno sport alle figlie, motivo per cui Mario non riusciva a darsi pace, ma non voleva rattristarle rendendole partecipi del difficile momento economico che la famiglia stava attraversando.
Non riusciva più a dormire, ma era convinto che una soluzione dovesse pur esserci; e proprio durante una delle sue notti insonni ebbe un’idea.
Il pomeriggio successivo, dopo la scuola, si presentò con le figlie presso una palestra di ginnastica.
Dopo aver chiesto informazioni in merito all’iscrizione, le ragazze iniziarono la settimana di prova gratuita, allo scopo di valutare la loro inclinazione per quella disciplina.
Trascorsi i sette giorni, Mario e le sue bambine smisero di presentarsi in palestra.
Andarono in piscina e, seguito il precedente iter, le ragazze cominciarono la settimana di prova.
Dopo il nuoto fu la volta della pallavolo, poi del basket, del pattinaggio, della danza, del tennis e di nuovo della ginnastica, in un’altra palestra, e così via.
Quando la figlia più grande gli chiese il motivo per cui stessero provando tutte quelle attività sportive senza sceglierne una, per Mario fu facile risponderle che voleva verificare non solo quale fosse lo sport più adatto a loro, ma anche trovare la migliore struttura dove praticarlo.
Fu così che, di settimana in settimana, per quell’anno Mario riuscì ad accontentare le sue bambine, ancora troppo piccole per fare i conti con la cassa integrazione