Sul furgone
Un racconto di Giovanni Renella
Tratto da “Don Terzino e altri racconti”
Graus Edizioni 2017
Il furgone procedeva spedito lungo le strade della città.
Con il tempo Vincenzo aveva imparato a mantenersi in equilibrio sul retro del camioncino e a badare che nulla di ciò che avevano raccolto si perdesse lungo la via.
Oramai era grande, aveva dodici anni, e già da un paio d’anni accompagnava suo padre in quelle quotidiane ricerche notturne di mobili gettati nella spazzatura.
A scuola gli avevano spiegato che si chiamavano “rifiuti ingombranti” e che erano smaltiti grazie ad un apposito servizio di raccolta predisposto dal Comune.
Così, Vincenzo e suo padre dovevano perlustrare la città di notte, prima che il loro prezioso carico fosse prelevato, all’alba, dagli automezzi dell’amministrazione municipale.
Ogni volta che uscivano era una corsa contro il tempo, per accaparrarsi quel piccolo tesoro abbandonato accanto ai cassonetti.
Il papà di Vincenzo recuperava tutto ciò che poteva essere riparato e rivenduto a quel popolo di disperati che non poteva permettersi l’acquisto di mobili nuovi.
Vincenzo ammirava l’abilità del padre che era capace di restituire dignità ad oggetti altrimenti destinati alle discariche.
Né gli pesavano quelle ore di lavoro sottratte al riposo, perché lo facevano sentire grande e in grado di aiutare la sua famiglia.
Anche i suoi genitori erano orgogliosi di quel piccolo ometto, che non solo li aiutava a guadagnare un po’ di soldi, ma era anche bravo a scuola; come erano fieri, loro che parlavano solo in dialetto, quando Vincenzo, nel ripetere i compiti, si esprimeva in un italiano perfetto.
Di questo suo lavoro notturno, il ragazzino non ne aveva parlato con nessuno: non perché se ne vergognasse, ma non voleva che qualcuno potesse criticare i suoi genitori o, peggio ancora, denunciarli per sfruttamento di un minore.
Quella sera, però, mentre caricava un mobile da cucina sul furgone, il suo sguardo s’incrociò con quello della sua professoressa d’italiano che stava rincasando: l’ultima persona al mondo che avrebbe voluto incontrare in quel momento!
Lo stupore che lesse negli occhi della donna gli tolse quasi il respiro; e quando la vide avvicinarsi si sentì perduto.
Ma appena gli fu davanti, la professoressa lo strinse a sé in un tenero abbraccio, gli diede un bacio sulla guancia e con gli occhi lucidi, senza dire una parola, si riavviò verso il portone di casa.
Vincenzo capì che lei non avrebbe tradito il suo segreto.
Per quella sera poteva bastare così.
E risalì sul furgone insieme al padre per ritornare a casa.