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Storia del pugilato: intervista a Marco Nicolini

Countdown per l’uscita del libro “Nicolini racconta di pugili” storia del pugilato in pillole, a breve la presentazione ufficiale dell’opera.

Un libro che nasce dalla passione per la storia del pugilato

Il libro presenta storie in pillole sul vissuto di professionisti fortunati e meno. Come e con quale criterio si è svolta la ricerca e selezione dei pugili?

“Ho ricostruito la storia del pugilato, trasmutandola in pillole. Seguo la boxe dal 1981 e sono un abbonato ultraventennale alle maggiori riviste del settore, americane e messicane, in questo lungo tempo ho accumulato un gran numero di nozioni che, negli anni, si sono trasformate in storie da raccontare. Il loro sgorgare è puramente casuale, assecondato dall’ispirazione del momento”.

 

Passando al vaglio la storia del pugilato, c’è una storia che più delle altre ti ha colpito?

“Sicuramente quelle dei pugili che fondevano il combattimento sul ring con la lotta per la sopravvivenza: Jack Dempsey e Stanley Ketchel, ad esempio. Poi i grandi pugili neri degli anni in cui non avevano diritto alcuno: Jack Johnson, Joe Janette, Sam Langford…

La misteriosa vita di di Sonny Liston, però, è quella che più di tutte mi ha attivato e incuriosito nella mia ricerca sulla storia del pugilato”.

Qual è stata la gestazione di questo libro, che tempi ha richiesto?

“L’idea del libro è recente ed è venuta a mano a mano che i racconti, depositati in varie testate di rete, si accumulavano raccogliendo un passabile successo. Il primo racconto è del maggio 2015”.

Sei stato mosso nel tuo intento dalla volontà di dare una dignità a pugili del passato che per vicende alterne non hanno ottenuto il giusto riconoscimento in vita?

“Sicuramente è indigesto vedere le televisioni nazionali ricostruire storie strappalacrime su milionari giocatori di calcio, il cui punto più avventuroso è la vacanza a Formentera, mentre pugili che hanno combattuto battaglie epocali, sul ring e nella vita, rischiano di cadere nell’oblio di un mondo volubile”.

Qual è a tuo parere il valore aggiunto del pugilato?

“La lotta ad armi pari. Per affrontare la quale ci vuole un massimo coraggio di base”.

Attualmente in che stato versa?

“In Messico è lo sport principale, ma pure nel resto del Sud America è sport di punta. Gli Stati Uniti seguitano ad essere la la mecca del boxe, ma Germania e regno unito cominciano a incalzarli, quasi ovunque il pugilato è estremamente popolare: dal Giappone alle Filippine, dall’Australia alla Russia. In Italia, nonostante i tanti sacrifici di persone appassionate, la boxe è oscurata dal voler proteggere gli investimenti spropositati fatti per il calcio”.

A San Marino c’è qualche pugile che stimi particolarmente?

“Tutti i sammarinesi saliti sul ring, nel presente e nel passato, godono della mia stima, ovviamente il campione è difficile da trovare in una popolazione tanto esigua. Fino a qualche anno fa seguivo un buon peso medio, prima serie, di nome Massimiliano Moretti. Ora si è ritirato, di certo non è più un peso medio, ma si allena sul ring con me tutte le settimane. Ogni tanto rimediamo un occhio nero o un naso gonfio, ma per il resto ci teniamo in forma divertendoci”.

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