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Stemma di San Marino: simbolo di sovranità

Nell’atrio del Palazzo Pubblico è conservato il primo stemma in pietra di San Marino, originariamente sulla facciata della Domus magna Comunis, l’antico Palazzo.

Lo stemma di San Marino

Protagoniste le tre rocche del Titano: Guaita, Cesta e Montale.
Lo stemma della Repubblica fa bella mostra di sè sulla facciata dell’attuale Palazzo, come ornamento presenta due rami di colore verde, uno di alloro a destra, uno di quercia a sinistra. Rami legati dal motto “Libertas”. Sopra lo stemma una corona chiusa che simboleggia la sovranità dello Stato, che non riconosce altra sovranità sopra di sè.
La prima Torre si innalza dal vivo masso ad un’altezza sul livello del mare di 751 metri. Denominata Guaita, dal volgare guatare, cioè vigilare, questa Torre, alta tre piani (75 metri) fu costruita intorno all’anno mille (XI° secolo), non fu mai abitata da un Monarca ma ebbe sempre una funzione difensiva e di avvistamento. Gli Statuti del Seicento prevedono, a difesa della Torre, un Castellano, incaricato di custodire l’area della Rocca e suonare in caso di pericolo la campana, per radunare i sammarinesi.

Le tre torri di San Marino

Le tre Torri sono costruite in coincidenza del punto più alto del Monte Titano per una ragione fondamentale, dall’alto era possibile monitorare con precisione l’avanzata di eserciti nemici, l’arrivo di malintenzionati ed organizzarsi in via preventiva per respingere il pericolo.
Diversi i restauri compiuti, ultimo quello di Gino Zani, ne hanno mantenuto la semplicità.
Attualmente la Guaita è sede di una mostra permanente sulle fortificazioni, sono conservati i cannoni regalati da Vittorio Emmanuele II° e III°, che sino al 1989 hanno sparato dal Piano dei mortai, spianata collocata alla fine della salita alla Rocca, posizionata pochi metri prima della Prima Torre, in occasione delle principali festività, oggi sostituiti da quelli donati dalla Confederazione elvetica.
Appena entrati nell’area si trova una Cappella dedicata a Santa Barbara.
Vi sono due Torri, quella Campanaria (‘500) ha sino agli anni Sessanta ospitato le prigioni di Stato, oggi spostate nelle adiacenze del Convento dei Cappuccini, vi erano custoditi gli imputati durante il periodo istruttorio, e i condannati a pene di durata non maggiore a sei mesi, per quelle di maggiore durate l’espiazione avveniva nei penitenziari del Regno poi rimborsati dal governo sammarinese. A destra c’è la Torre della Penna (‘400) composta da tre piani, collegati da scale interne ed esterne.

Tra le norme che ne disciplinavano il funzionamento all’inizio del Novecento, una vietava l’accesso alle guide (Ciceroni), la Rocca era visibile mediante permesso rilasciato dal Tribunale Commissariale a cui bisognava declinare il proprio nome. I visitatori dovevano firmarsi in apposito registro non era consentito intrattenersi coi detenuti o fare regalie.

“Il campanone” suona ancora oggi nei giorni di festa e per indicare le adunanze del Consiglio Grande e Generale, al tramonto del giorno precedente, quando ancora la Torre ospitava le prigioni di Stato, la campana era suonata anche per annunciare al pubblico la lettura di una sentenza penale.
Seconda Torre, la sua costruzione risale al ‘200 (XIII° secolo), detta “Cista” dal nome dell’antico contenitore che custodiva oggetti sacri, o della Fratta, infatti nel territorio circostante non potevano essere piantati alberi, ma solo basse siepi (fratte), restaurata per l’ultima volta nel 1925.
E’ ubicata a 755 metri di altezza dal livello del mare, nel punto più alto del Monte Titano, ha pianta pentagonale ed è costruita su due piani.
Oggi è sede del Museo delle armi antiche,restaurato nel 1987 per renderlo più rispondente ai moderni criteri museali, nella prima sala si trovano le armi in asta: alabarde, falcioni, corsesche, strumenti usati tra il 1450 e il 1600, molte derivate da arnesi agricoli, con un duplice uso sia per il lavoro nei campi che difensivo e che richiedevano una lavorazione artigianale lunghissima.
In una bacheca è esposta una maglia di ferro da indossare sotto l’armatura come protezione, per la sua creazione erano necessarie ben 250 ore di lavoro.
In altra bacheca che collega la prima e la seconda sala sono esposti elmi e corazze.
Nella seconda sala si trovano armi dal ‘500 al ‘700, da fuoco e bianche, con cartuccia, e altro ancora. Presente anche una collezione di fucili da caccia italiani.
In bellavista esposti in vetrina, si trovano scudi, archibugi e baionette. Appese alla parete, sotto la scala che conduce al secondo piano della Torre, si trovano le balestre, armi difensive di primaria importanza nel ‘500, la freccia scagliata poteva centrare un bersaglio a 90 metri di distanza.
Nella terza sala, al piano superiore, sono esposte armi in uso tra il ‘700 e l’inizio del ‘900, da quelle dell’ epoca napoleonica a quelle a ripetizione con cartuccia metallica,due Winchester, primo e secondo modello, vari esemplari di pistole Colt, l’arma usata dai pionieri del West contro le popolazioni indigene.
La terza Torre è chiusa al pubblico, ha pianta pentagonale, una forma slanciata ed artistica, negli Statuti è denominata “Palatium Montalis”. Ciò che accomuna le tre torri di San Marino è l’essere espressione di difesa di gente povera di beni materiali ma tenacemente motivata a difendere il suo bene più grande: la libertà.
Non è nota la data della sua costruzione, ma evinciamo da una relazione del Cardinale Anglico che nel 1372 esisteva già, infatti lo scritto fa riferimento a “tre fortissime rocche”.
Ebbe funzione molto importante ai tempi della guerra tra Malatesta e Montefeltro (con i quali erano alleati i sammarinesi), perché permetteva di vigilare il versante riminese, in particolare il Castello di Fiorentino a lungo sotto il dominio dei Signori di Rimini.

Chiara Macina

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