Lunedì 21 gennaio alle ore 21 presso il Centro Sociale di Dogana- San Marino si è svolta la presentazione del libro: “Sorridi alla sfiga”. 17 pillole per vivere ogni esperienza di vita come opportunità. Autrice: LUCY SANTOLINI – Professional Counselor.
A seguire l’intervista a Lucy Santolini
Sorridi alla sfiga: un titolo ironico e buffo per un libro che è un “prontuario” un vademecum che regala spunti preziosi e consigli e 17 “pillole” per vivere ogni esperienza che incontriamo nella nostra esistenza terrena come una opportunità di crescita, non fermandoci al lamento e alla commiserazione ma cercando di sintonizzare noi stessi su una frequenza più alta, quella che promuove la nostra progressione personale.
Opera prima di Lucy Santolini Professional Counselor, il testo vuole essere proprio uno strumento per condividere quanto l’autrice ha imparato dalla sua professione e anche dalla sua esperienza professionale e di vita, in questi anni di esercizio, per facilitare a tutti una “buona vita” intesa come equilibrio e benessere.
Il libro è suddiviso in 17 capitoli, a seguire testimonianze di vita, e 17 pillole One by One.
Le pillole sono 17 e all’interno del libro scrivi che il 17 è il tuo numero. Perché?
Il 17 è il mio numero, sono nata il 17 novembre e praticamente mi segue ovunque. È anche un numero che molti ritengono porti sfiga, che invece può essere considerata una sfida!!! Fin dall’antichità il numero 17 è stato fortemente collegato alla sfortuna. I più ritengono che la superstizione fosse nata ai tempi dell’antica Roma, a causa della consuetudine di incidere sulle pietre funerarie la parola “VIXI” (che vuol dire vissi, sono vissuto), il cui anagramma equivale a “XVII” nel sistema di numerazione romano.
Secondo la Kabbalah ebraica il 17 ottobre dell’anno 3761 a.C. avvenne la creazione dell’Universo e la somma dei numeri che compongono l’anno (3+7+6+1) dà il numero 17.
Dividendo il 17 in 1+7, vedremo che l’1 corrisponde al pioniere che apre le strade, quindi ai nuovi inizi; il 7 invece viene associato alla conoscenza, alla saggezza, alla ricerca della verità attraverso l’introspezione.
Sommando 1+7, il 17 diventa 8: sia per la numerologia, sia per l’enneagramma, sia per il codice umano l’archetipo dell’8 corrisponde al Sovrano-Capo-Leader Costruttivo, colui che è in grado di creare ricchezza e abbondanza sotto tutti i punti di vista. È una guida, trasmette forza, decisione, capacità di lottare per le cose in cui crede, un forte senso di giustizia. È importante che venga riconosciuto dal “popolo”, anziché erigersi guida da solo. Come il “buon padre di famiglia”, dà il buon esempio in modo che gli altri possano riconoscersi e, di conseguenza, seguire l’esempio.
Tutti siamo sovrani e creatori della nostra realtà, spetta a noi scegliere se in modo distruttivo o costruttivo. Secondo me tutti abbiamo la capacità di diventare leader costruttivi di noi stessi, proporzionalmente alla nostra missione di vita.
A ogni capitolo è associata dopo la trattazione del tema un “esercizio” una tecnica. Di cosa si tratta?
Ad ogni capitolo viene associato qualcosa di “pratico” perché è la parte pratica che porta realmente ai cambiamenti. Lavorare a livello razionale è sicuramente molto utile ma con la mente possiamo continuare a controllare mentre quando si entra in contatto con le emozioni è più difficile controllare.
Ovviamente non è comunque una garanzia di cambiamento perché il cambiamento avviene quando c’è la volontà. Uno dei presupposti fondamentali per fare un percorso, ad esempio, con il Counseling è proprio la volontà di fare un cambiamento. Un cambiamento che parte da sé stessi, dal modo in cui si guardano le cose. Finché si tende a puntare il dito verso fuori per dare la responsabilità del nostro disagio o malessere a qualcosa o qualcuno, diventa difficile portare cambiamenti costruttivi e, soprattutto, il nostro benessere dipende dagli altri, da qualcosa di esterno. Quindi senza nemmeno accorgerci spesso diamo potere agli altri di farci stare bene o male. Nel libro ci sono alcuni passaggi che parlano proprio di questo, di come sia importante riprendere il potere della propria vita. Chiaramente questo significa anche che devo diventare responsabile della mia vita, mettendomi in gioco al 100% guardandomi dentro con autenticità ed accentandomi nella perfezione della mia imperfezione.
Che cos’è la pillola del benessere?
La pillola del benessere è un modo giocoso di chiamare questi suggerimenti di cui parlo nel libro. In una sola parola ti direi positività ma è davvero riduttivo. Positività non significa essere sempre sorridenti, felici e contenti. A parte che penso che questo sia pressoché impossibile ma penso anche che non sia sano per una crescita consapevole. Essere positivi significa accettare ciò che accade nella propria vita, consapevole che tutto accade per una ragione e questa ragione è a nostro favore. L’Universo, la vita, Dio è dalla nostra parte. Io non credo nel karma inteso come qualcosa che devo “scontare” in questa vita rispetto a cose negative fatte in altre vite. Credo nella legge causa/effetto, ovvero raccolgo quello che semino. Se semino zucchine è molto difficile che raccolga pomodori. Eppure quante volte non solo ci aspettiamo di raccogliere qualcosa di diverso da quello che seminiamo, addirittura ci arrabbiamo quando le nostre aspettative non vengono soddisfatte. Noi abbiamo la pretesa che gli altri siano come li vogliamo noi, pretendiamo che si comportino in un certo modo, che facciano determinate cose perché magari per noi hanno un ruolo tipo marito, moglie, figlio, amico, ecc. La verità è che troppo spesso, quando non siamo in equilibrio tendiamo a filtrare attraverso i nostri bisogni. Quando scegliamo un partner, per esempio, se non siamo in equilibrio avremo la tendenza a sceglierlo in base al nostro bisogno. Voglio un uomo che mi ami, che mi ascolti, che mi sia fedele, che abbia un buon lavoro, ecc. La domanda da farci è: quale bisogno andrebbe a soddisfare un partner con quelle caratteristiche? Allora riesco ad entrare in contatto con il mio bisogno e inizio a lavorare per portare equilibrio dentro di me. In questo modo potrò iniziare a togliere filtri e vedere e vivere le persone per come sono loro e non per come vorrei che fossero.
Dedichi il libro a tua mamma: cosa ti ha insegnato?
Bellissima questa domanda, credo che non me l’abbia mai fatta nessuno. L’esperienza con mia madre mi ha insegnato molto, è stata una parte fondamentale di questa vita. In varie fasi, inizialmente rabbia poi tristezza poi consapevolezza ora gratitudine. La mia mamma mi ha insegnato che non siamo perfetti e che a volte l’Amore si può manifestare e dimostrare in modi insoliti o addirittura nascosti. Ricordo un incontro con una Medium diversi anni fa, non so quanti di voi credano a queste pratiche, comunque ero in Inghilterra e ho avuto un incontro privato con una Medium che è anche Sciamana e studiosa di rituali dei Nativi Americani. Mi ha fatto un cd dell’incontro e anche quando mi capita di riascoltarlo, ancora mi fa commuovere. In questo incontro sono emersi dettagli su mia madre ed è arrivata a dirmi che l’esperienza con mia madre mi ha portato a fare questo percorso di crescita spirituale e se non fosse per altro, questa sarebbe sufficiente a giustificare il suo passaggio in questa vita. Questo è stato un grande insegnamento, appena sono riuscita a comprenderlo (ci ho messo un po). Quando arriviamo davvero a fare qualcosa per qualcun altro in maniera completamente incondizionata, ha un valore inestimabile. Molte volte gli altri non si rendono nemmeno conto del bene che facciamo per loro e va bene così. Quando dico questa cosa spesso le persone si alterano o rimangono stupite.
Il primo passo verso il benessere personale è la consapevolezza? Come si raggiunge?
Bella domanda anche questa! Per me diventare consapevole significa diventare responsabile della propria esistenza. Ed è proprio questo il fulcro del messaggio che vorrei lasciare. Una frase che è stata usata anche nel film “I Fantastici 4” è: “Abbiamo sempre una scelta”. Molte volte veniamo sopraffatti dalle emozioni e perdiamo la visione “reale”, drammatizziamo e non riusciamo a vedere la famosa luce in fondo al tunnel. Ecco, diventare consapevoli significa cambiare prospettiva, guardare la mia realtà in modo diverso, non con la pretesa che le cose vadano come dico io ma con l’accettazione di ciò che accade (visto che comunque non abbiamo il potere di cambiare gli eventi, giusto?) iniziando a giocare con le carte che la vita ci da.
Uno dei primi passi per arrivare a trasformare questa visione è iniziare a guardarci dentro invece di puntare il dito fuori. Quando qualcuno fa o dice qualcosa che ci crea disagio a qualche livello, la tendenza generalmente è quella di dare la responsabilità o la colpa all’altro (non ha capito niente, è antipatico, è geloso, ce l’ha con me…) e questo di per sé è un giudizio e ci colloca esattamente sulla stessa frequenza. Ma così facendo, senza nemmeno renderci conto, stiamo dando potere all’altro. Il potere di farmi stare male, ad esempio, oppure di farmi sentire in un certo modo per poi condurmi a fare qualcosa (attraverso sensi di colpa, ad esempio). Se, al contrario, inizio a considerare l’altro semplicemente uno strumento che l’Universo mi mette di fronte per fare Luce su di me, affinché io possa capire di più di me stessa, dei miei bisogni insoddisfatti, delle mie ferite emozionali, allora tutto cambia.
Nel libro condividi la tua esperienza di vita, lo stesso contiene testimonianza delle persone che hai incontrato in questi anni. Quanto conta la condivisione?
Il libro contiene alcune mie esperienze di vita e ho scelto di chiedere ad alcune persone di condividere le loro esperienze perché mi sono resa conto che, pur essendo ognuno di noi una realtà a sé, comunque le dinamiche che ci smuovono si assomigliano molto. La condivisione è molto importante, prendendo l’esempio di una persona che soffre di depressione come poteva essere mia madre, sai quante volte ho pensato se io fossi stata un po più grande magari avrei potuto aiutarla a stare meglio. Essere circondati da persone non significa sentirsi appoggiati, molte volte la sensazione di solitudine è radicata e profonda nel nostro intimo e non vogliamo farla vedere. La nascondiamo perché questa società tende ad avere molto aspettative quindi, temendo tremendamente il giudizio, difficilmente parleremo dei nostri disagi in modo consapevole. Se lo facciamo, spesso è sotto forma di accusa…”suona meglio”.
Ricordo un episodio in cui ero ad un corso residenziale di 3 giorni e non ero stata accettata, ero stata un pò snobbata il primo giorno. Molti si conoscevano fra loro ma io, nella mia timidezza e finta durezza, sono rimasta in disparte. Il giorno successivo l’insegnante, accortasi di questa cosa, ha deciso di coinvolgermi in un esercizio mettendomi in mezzo al cerchio di tutta la classe ad affrontare alcune cose per me molto dolorose. Tant’è che non sono riuscita a trattenere le lacrime e, insieme a me, si sono commosse molte persone. Da quel momento sono stata accolta nel gruppo, hanno capito che anche io avevo tante ferite e sofferenza alle spalle e quindi, come dico io, che siamo nella stessa barca. Questa cosa mi ha insegnato tanto perché se fosse stato per me, non mi sarei mai aperta (come forma di difesa) e quindi probabilmente sarebbe stata un’esperienza diversa. Non siamo deboli solo perché manifestiamo i nostri limiti, anzi siamo perfetti nella nostra imperfezione. Ma finché non riusciamo a calmare il nostro giudice interiore, è più difficile aprirsi con gli altri. La condivisione in questo senso secondo me è fondamentale, a livello umano si crea empatia solo quando c’è condivisione e non quando si giudica.
C’è una storia che in questi anni ti ha colpito in modo particolare per il messaggio che ti ha lasciato?
Mi viene in mente una signora che ho conosciuto e che stimo moltissimo. È una persona splendida, dolcissima con una umiltà sorprendente. Questa persona è stata messa di fronte a numerose difficoltà nella vita, da problemi fisici gravi fin da giovanissima età, a problemi di salute in famiglia. Ha sempre fatto forme di volontariato e ha sempre fatto tutto il bene che ha potuto, con adulti e con bambini. È molto sensibile e sente quando una persona lavora con il cuore, quindi anche il contrario. La cosa impressionante è che quando parla, non l’ho mai sentita lamentarsi di nulla. Anzi! Racconta sempre di quanto sia stata fortunata e di quanto crede in Dio e nella sua bontà. È davvero una persona speciale e una cosa che la rende ancora più speciale è che lei riconosce queste qualità negli altri. Dice di essere fortunata e si chiede sempre cosa può fare per aiutare gli altri.
Tra le pillole “Ama te stesso” come ci si innamora di se stessi? Quanto è importante?
Imparare ad amare sé stessi è importantissimo. Non è il classico cosiddetto “sano egoismo”, piuttosto è un togliere le maschere e riconoscere autenticamente chi siamo accettando ogni parte di noi. Faccio sempre questo esempio: se io nasco pera ma voglio diventare una mela, soffrirò tutta la vita nella speranza illusoria di potere cambiare perché sono inadeguata o perché mi hanno insegnato o fatto credere che essere mela sia meglio che essere pera. La capacità di accettare sé stessi nella perfezione della propria imperfezione, è alla base di un disvelamento autentico che permetta veramente di togliere tutte le maschere difensive. Mostrare i propri limiti e le proprie debolezze dà un senso incredibile di libertà. Provate a pensare a quanto ci sentiamo limitati a volte quando dobbiamo prendere una decisione o fare qualcosa ma siamo influenzati dal giudizio degli altri, dalle aspettative degli altri e finiamo per conformarci contro ciò che vorremmo fare o che pensiamo sia meglio.
Spesso parliamo di pregi e difetti, io parlo di caratteristiche poi in base a come li viviamo diventano costruttivi o distruttivi. Ad esempio se io sono perfezionista (non so se qualcuno di voi conosca un po di enneagramma, numerologia o archetipi…) comunque un perfezionista ha sicuramente la caratteristica di essere preciso. La precisione è neutra e in base a come la vivo potrei diventare una gran rompi scatole se sono eccessivamente critica oppure estremamente affidabile e puntuale se vissuta in maniera costruttiva. Imparare ad assecondare la propria natura è la chiave, non cercare di cambiare perché penso di non essere adeguata come sono.
Trasformare le difficoltà in esperienza di vita: è questa la chiave del benessere?
Ecco, ora farò un ragionamento un po più spirituale ma non necessariamente va vista solo in questa chiave. Io ritengo che nulla accada per caso e penso che ci incarniamo per fare questa esperienza terrena allo scopo di evolvere, crescere. E sono proprio le esperienze che consentono questo. Proviamo a pensare alle persone anziane, tendono sempre a dire che sbagliando si impara oppure che attraverso la sofferenza si cresce. Ecco, se la vediamo in questo senso, non potrebbe essere più semplice. Il problema è che troppo spesso lasciamo che siano le emozioni a guidarci e non il contrario. Le emozioni sono parte del nostro essere fisico, umani. La macchina biologica (corpo fisico) è a tempo determinato, ha un inizio e una fine, mentre la nostra parte più profonda, se vogliamo la nostra Anima, semplicemente si trasforma. Essendo fatti di energia, come affermava già Einstein e molti altri, non possiamo morire possiamo solo trasformarci. Se siamo identificati esclusivamente nel nostro corpo fisico e quindi solo nella parte terrena, sarà più difficile essere centrati e consapevoli. Tenderemo sempre a cercare di sopravvivere e, di conseguenza, le emozioni prenderanno il sopravvento. La macchina biologica ha tante paure, l’Anima non ne ha. La macchina biologica è soggetta all’attaccamento, al giudizio, alla gelosia mentre per l’Anima tutto questo non esiste. Più riusciamo a disidentificarci esclusivamente dalla parte terrena ed identificarci nella nostra natura spirituale, più riusciremo ad essere centrati e, appunto, vivere le esperienze come tali e non come qualcosa che ci attacca, o come ingiustizia o altro di negativo. Tutto dipende sempre dalla prospettiva con cui guardiamo le cose. E per le persone meno spirituali, basta pensare che comunque sia non abbiamo il potere di cambiare gli eventi o gli altri, per quanto narcisisti o egocentrici vogliamo essere, quindi a chi facciamo del male quando ci incaponiamo per restare ancorati a rabbia, mancanza di perdono, voglia di vendetta o altro? Anche per quelli che si sentono onnipotenti, possono eventualmente avere l’illusione di avere il controllo sugli altri ma così non è e alla fine sono loro stessi quelli che si auto condannano ad una vita di infelicità. Chi sta bene nella rabbia o nel senso di vendetta o mancanza di perdono? Penso nessuno. Quindi il mio consiglio per tutti è quello di cercare sempre il lato positivo in tutte le situazioni e in tutte le persone. E quando non lo troviamo…semplicemente cambiamo strada!
Chiara Macina