Si sta come d’autunno, sugli alberi, le botti
Guitty aveva la passione dei vini di pregio. Nella sua grande casa londinese ne teneva di ogni sorta: bianchi, rossi, rosati, frizzanti di perlage, vacanti di bollicine, fermentati da tutti i pertugi del mondo coltivati a vite, “dal retrogusto mellifluo di melo e castagno”, “aspri come gli acini di melograno”, a sentire i finissimi e un tantino spocchiosi narratori degli aromi d’uva.
Più di ogni altra, amava una bottiglia, con etichetta “Cheateau d’Yuem”. Essa proveniva dall’Aquitania, precisamente dai vigneti di Sauternes. Conteneva un rarissimo e costosissimo nettare da dessert, il cui vitigno materno si era nutrito, fino al 1976, anno di nascita di Guitty, del respiro freddo e secco dei Pirenei e dello sbuffo gentile dell’Atlantico.
Guitty parlava ad alta voce di quella bottiglia, come se fosse un tesoro di inestimabile valore, ogni volta che la scorgeva nella sua cantina, anche quando intorno a lui c’erano solo botti senz’anima: “Questa bottiglia la comprai nell’anno 2012 da un mercante di grappe e vinacci. Spesi un patrimonio per averla. Se non mi fossi fatto qualche bicchiere prima di trovarmela davanti, in una fredda sera di gennaio, chissà se l’avrei mai comprata. Al risveglio, quando l’accarezzai, con la stessa grazia con la quale si carezza la chioma di una donna intorpidita dal freddo, un brivido percorsa la mia schiena. Svanita l’emozione, mi dissi che la bottiglia l’avrei bevuta solo per un’occasione speciale: la vittoria della Juventus nella massima competizione continentale o la nascita di un figlio. E aggiunsi che sarebbe stato più facile trionfare in ambito calcistico che generare prole”. In effetti, nell’anno 2013 e nell’anno 2017, le possibilità di far saltare il tappo per trionfi sportivi si palesarono, ma non si concretizzarono. E aggiungo io: <<Cribbio>>.
Meno male che, in una disgraziata sera del giugno 2017, già era nel grembo dell’amata di Giutty una pargoletta tonda e smorfiosa. Ottaviana nacque a settembre. Parenti confluirono dalla Scandinavia e dal Mar Mediterraneo per baciarla e tenerla in braccio.
Al pranzo di benvenuto, finalmente Guitty si sentì vicino a coronare il sogno a lungo fermentato. Si preparò al meglio per gustarsi quel minuto di beatitudine agognato. Di ghiaccio riempì un cesto, lustrò il cavatappi e lo fece brillare a mo’ di zircone, indossò la sua livrea casalinga d’eccellenza, l’unica che non aveva né lacerazione né strappi. E fu così che, dopo un luculliano desco di pasta e salumi, arrivò l’ora fatale. Guitty si avvicinò al cestello del ghiaccio e strinse la bottiglia tra le mani, narrandone, per l’ultima volta, le virtù. Poi, con gesto ieratico, sollevò il cavatappi in aria, quindi, con fiducia pari a quella del tennista quando si inarca per servire il punto decisivo, con la grazia del violinista quando pizzica con l’archetto le prime note delle corde, con la potenza di un muratore che impugna la cazzuola per passare la malta tra i mattoni di cemento armato di un palazzo a quindici piani, immerse la sua punta nel sughero e la roteò, con movimento tanto deciso quanto affannoso.
Quando venne il momento di estrarre il tappo, la famiglia tutta tacque, il volume del televisore si abbassò senza permesso, un gabbiano solcò il cielo sopra Londra e sbatté le ali, Ottavia smise di piangere. Il tappo raggiungesse il collo della bottiglia. Un rumore greve e ampolloso accompagnò la sua fuoruscita e raggelò chi abitava la casa. Guitty abbassò gli occhi. Vide il sughero che, spezzato e frastagliato, era precipitato nella bottiglia. E bestemmiò. Non riuscì a proferire altro verbo. Quindi, alzò lo sguardo, venato di lacrime, e incontrò gli occhi smarriti della sua famiglia. Infine, si voltò. Ottavia, nella sua culla, faceva dei versetti che sembravano volessero accennare una risata che l’età non le avrebbe consentito di esternare. Il papà Guitty le si avvicinò. La guardò e la prese in braccio. Mentre la cullava e le stonava una ninna nanna, si disse che il sorriso di chi ti vuol bene vale di più ogni altro bene materiale, che ciò che conta realmente nella vita non può essere tangibile perché l’amore è magico e non si può né catalogare né definire, altrimenti perderebbe la sua essenza e inizierebbe a svanire.
La bottiglia rimase a giacere nel ghiaccio. Chi la bevve, deglutì anche straccetti di sughero. Guitty, però, non se ne curò.