mercoledì , Ottobre 23 2024

Santa pazienza e tre inchini alla luna

Santa pazienza e tre inchini alla luna

Mia figlia tra pochi giorni compie 22 anni, un’età meravigliosa, quella in cui tutte le possibilità sono aperte, tutto è a portata di mano, l’età delle scelte quella in cui si costruisce il proprio futuro ma anche quella delle incertezze in cui il proprio posto nel mondo non è ben definito, a patto lo sia mai. Ho pensato tanto a un regalo adatto lei mi rimprovera spesso, lo faceva anche mia mamma, di regalare sempre agli altri ciò che piace a me, un anno le ho regalato un caleidoscopio, un altro un dipinto, anche delle maglie animalier qualche volta. Ha perfettamente ragione: io regalo ciò che amo ciò che vorrei per me, per lei sogno il meglio sempre da sempre per sempre. Con il tempo ho imparato, come tutte le mamme che il meglio per me non sempre coincide alla sua idea di felicità e ho cercato di essere rispettosa, di esserci senza stringere troppo.

Mi piace a volte immaginarmi come il personaggio di una fiaba, in questi giorni vorrei essere una delle tre fate madrine che fanno visita alla principessa Aurora “la bella addormentata nel bosco” e le portano in dono delle virtù.

Mi immagino come quella fatina un po’ smemorata e pasticciona e vorrei regalare una virtù a mia figlia che io ho imparato a coltivare e fare mia negli anni e che mi ha aiutato e salvato: la pazienza, quella di aspettare che i tempi siano maturi, che non sempre la manifestazione di un desiderio coincide alla sua piena e completa realizzazione, di accettare che le cose non vanno sempre come desideriamo, non ogni volta due più due fa quattro, e che spesso i frutti più gustosi e succosi sono quelli che curiamo e coltiviamo con cura.

Definizione:

La pazienza: calma, comprensione, condiscendenza, docilità, indulgenza, mansuetudine, mitezza, tolleranza, tranquillità.

La pazienza è un’arte, una pratica che noi donne impariamo ad allenare con il tempo, non è rassegnazione è piuttosto resilienza, fiducia nel domani, nel fatto che il bello deve sempre arrivare.

La prima volta che mi sono trovata vis a vis con la pazienza è stata la prima volta che sono diventata mamma, avrei voluto passare in un battibaleno dalla prima ecografia allo stringere mia figlia tra le braccia, ho aspettato invece che quel puntino che aveva visto sullo schermo e quel pum pum impazzito il rumore di quel cuore che mi ha rapito dal primo istante crescesse, si formasse, si trasformasse in un minuscolo essere umano di 2kg e 760 grammi, ho sopportato le nausee e imparato a gestirle, ho visto il mio corpo che cambiava, che diventava un incubatore prezioso, ho poi atteso dopo la data presunta per il parto sempre una settimana, entrambe le volte. Ho vissuto il travaglio come una danza ipnotica in cui l’unica cosa che non dovevo avere era avere fretta “pensa che ogni contrazione, ogni dolore ti porta più vicino alla tua bambina” mi ripeteva l’ostetrica e io l’ho fatto, sono entrata in una dimensione tutta nostra in cui il mio corpo mi chiedeva solo di essere assecondato, ascoltato, mi diceva “lascia andare non trattenere”, la sfida di tutta la mia vita in tutti i campi: lasciare andare.

Ho lasciato andare la paura di non essere abbastanza, negli anni ho lasciato andare persone che non erano più giuste per me o non erano ancora pronte per me, ho lasciato andare chi non mi amava a dispetto delle parole e delle dichiarazioni d’intenti ma anche quell’idea che loro si erano fatti dime e che non mi corrispondeva più.

Ho lasciato andare la paura e atteso la febbre passasse quando i miei figli erano piccoli e influenzati, li ho cullati e ninnati in notti lunghe in cui mostravo loro la luna in cielo che illuminava tutto.

Con il tempo ho imparato a essere paziente con me stessa e questo mi ha aiutato anche nel rapporto con gli altri, ho imparato a contare sino a dieci prima di parlare, a dormirci un po’ sopra, perché una parola detta  diventa una lama e io non voglio ferire nessuno, soprattutto se non è necessario, soprattutto se è comunque inutile.

Ho coltivato la  pazienza di accettare che non sempre ciò che vorrei è a portata di mano, che non sempre ciò che diceva Dante è giusto “amor che nulla amato amor perdona” l’amore che si dona è sempre ricambiato (porco cane! Aggiungeva Jovanotti nella sua Serenata rap che tanto ha cullato i miei sogni da ragazza). Non sempre il mio amore è stato ricambiato, o comunque non nel modo in cui desideravo io, oppure lo è stato e poi questo sentimento è terminato trasformandosi in qualcos’altro, con il tempo e senza mai diventare per questo più dura, solo più ferma e rispettosa di me stessa, ho imparato ad accettarlo, con pazienza, come lezione e regalo di vita, ho smesso di snaturami chiedendomi cosa c’è in me di sbagliato o di insufficiente, la risposta è nulla, solo che ciascuno di noi ha i lembi di un puzzle, con qualcuno l’incastro è assolutamente immediato e perfetto, con altri no, a volte dura per sempre altre termina, ho smesso di fare salti e capriole volanti alte dalla terra sino al cielo nella speranza di rendermi più “meritevole”, cessato di snaturarmi per diventare coincidente a un’ideale altrui ma che non è il mio e accettato con pazienza che non tutto e non tutti sono destinati a me, che spesso l’Universo non ci regala ciò che chiediamo ma fa di più, ci dona ciò che è giusto per noi, utile a una progression e a una crescita, ho imparato che la sera davanti allo specchio è il mio volto e solo quello che vedo, con i miei occhi, le piccole rughe che raccontano la mia storia, quel piccolo neo sul mento, quello sguardo ora dolce ora severo che mi fissa e chiede “hai vissuto con gusto oggi? Ti sei rispettata? Hai assecondato la tua natura? Sei stata protagonista della tua narrazione o semplice comparsa in balia degli altri?”.

Questo chiedo a me e questo vorrei che mia figlia potesse chiedersi ogni sera.

 

Chiara Macina

 

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