Gli anni Ottanta stanno volgendo al termine e la “febbre del sabato sera” si risveglia di nuovo, dando linfa a una notte senza fine che accompagnerà i suoi seguaci per l’intero decennio dei Novanta. E’ l’epoca in cui le discoteche paiono uno sterminato Eldorado. Al Cocoricò di Riccione transita il meglio del variopinto mondo della notte. Il locale è una fucina di idee, progetti e sperimentazioni che subito fanno tendenza: le rappresentazioni dell’avanguardia teatrale italiana quella con la maiuscola come la neonata Socìetas Raffaello Sanzio, le memorabili performance del Principe Maurice (nella foto), i dj set nei bagni delle donne, i cori dei monaci tibetani, le lezioni poco prima dell’alba del filosofo Manlio Sgalambro al privé Morphine, dove passano con nonchalance brani di musica classica, mentre nella pista centrale l’elettronica, la acid music e la trance music più spinta salutano il nuovo giorno. Anni sperimentali, pieni di contenuti, ma pur sempre in bilico fra la marginalità, gli angoli bui, le prime “pasticche” e “le mille luci di New York”. Se qualcosa di simile, sull’onda delle mode lanciate dalla piramide, accadeva in più parti d’Italia, al Cocco raggiungeva il suo apice ed essere lì significava essere nel posto giusto, dove le cose accadono. Oggi tutto è cambiato. Gli stessi numeri raccontano il declino della disco come era concepita in quegli anni: nel 1998 i locali aderenti al Sindacato locali da ballo erano oltre 4mila, ed erano oltre 4 milioni i giovani che ogni week end (dati Siae) frequentavano le discoteche. Numeri che si dimezzano all’inizio degli anni Duemila e che oggi ancora sono più ridotti con la “febbre del sabato sera” che rivive in pochi e selezionati locali, molto dei quali a Ibiza, piuttosto che Las Vegas, dove i dj sono il nuovo intrattenimento dei mega saloni degli alberghi della città giocattolo del Nevada. In questo scenario il Cocoricò è l’unico locale italiano in grado di giocarsela alla pari con i club internazionali. Ma nella notte spericolata che continua a muoversi fra “rischio e desiderio” qualcosa sta cambiando.
Nell’estate del 2015 la riviera romagnola è segnata dalla morte per overdose da ecstasy di un ragazzo minorenne, dopo avere passato una notte nel locale di Riccione. Il questore di Rimini ne dispone la chiusura per quattro mesi. Non è un caso isolato, altrettanto succede nel Salento e sul lungomare di Messina. Tanto basta perché su stampa, tv, internet si scateni il dibattito, riproponendo il consolidato e superficiale dibattito: giovani – discoteca – sballo – droga. Una voce nuova sull’argomento arriva dalla casa editrice Nfc, non nuova a scandagliare il mondo del piacere, quello che va a braccetto, come indica il titolo del libro fra “Rischio e Desiderio”. Un’indagine condotta senza intenti morali, cercando di fare emergere qualche punto fermo. Così dopo la pubblicazione di “Riviera Club Culture” (NdA Press) nel 2012, curato da Pierfrancesco Pacoda, fresco di stampa è “Rischio e desiderio” (Nfc Edizioni 11,90 euro), un viaggio nel mondo della notte, tra i giovani, le droghe, gli eccessi e i divieti, sempre a cura di Pacoda. Giornalista e saggista, Pacoda ha raccontato e continua a raccontare le culture giovanili, senza pregiudizi, facendo parlare i personaggi che la notte la vivono per restituire una nuova lettura sul loisir giovanile, molto diversa da quella degli anni d’oro della culture club. Fra gli interventi degli addetti ai lavori raccolti quelli dell’artista e performer Principe Maurice, dell’esperto di marketing e loisir Pier Pierucci, dell’amministratore delegato del Cocoricò Fabrizio De Meis, del gestore del Kinki Micaela Zanni e di quello del Velvet Laura Chivari, dello scrittore Michele Maranci, dello psichiatra Edoardo Polidori e altri ancora.
Inutile vivere di miti e leggende. La notte è sempre stato un luogo nel quale le ombre superano le luci. Pensare che i tempi dello Studio 54 fossero, sani e sicuri solo perché la foto di Bianca Jagger (nella foto) mentre fa il suo scenografico ingresso nel locale neworkese a cavallo è diventata un’icona, è una lettura superficiale. Lo stesso a distanza di tempo ricordare solo la parte luccicante dei rave party, così come dei block party nei ghetti. Accanto ai glitter c’era sempre la dark side: droghe ed eccessi. Oggi però, leggendo gli interventi raccolti dall’autore, pare di capire che in questi ultimi anni, rispetto agli anni d’oro della culture club, tutto “sia diventato più inconsapevole” e i giovani siano più “acrobati senza rete, bilanciere e allenamento”. Fare certe cose, spesso negative, è diventato un mero passaggio esistenziale che non ha senso e non lascia segno interiore: “Un’incoscienza che porta alla morte dell’anima e, purtroppo nell’ignoranza e superficialità diffuse, del corpo”. Analisi sottili che tengono conto di come sia cambiata la percezione e l’uso di droghe: da tabù a qualcosa di “normale”. Le morti per ecstasy non lasciano il segno fra i giovani consumatori, peraltro sempre più giovani. Un po’ come tingersi i capelli di verde per una notte di follie e il giorno dopo lavarseli e tornare a scuola. “Rischio e Desiderio” è un libro che offre spunti di riflessione, senza pretendere di avere la ricetta in tasca, perché di ricette non ce ne sono. Al massimo si possono porre delle giuste domande. Per esempio, perché i giovani siano travolti da così tanta insoddisfazione che li porta a cercare negli eccessi la via più semplice dal vuoto di valori. E la chiusura di un locale, questo lo si capisce intervento dopo intervento, risolve poco, se non fare qualcosa sull’onda dell’emozione.