Riflessioni dopo la visione di “Nine” regia di R. Marshall
L’anima, la mente è come un fiume: in alcuni momenti l’acqua scorre veloce, quasi un vortice in piena… è il momento della massima creatività. In altri momenti, quelli dell’arsura, il fiume è in secca, il letto completamente asciutto, neppure un’idea, un progetto, il vuoto nell’anima.
Così il “genio creativo”… c’è chi fissa gli attimi di slancio produttivo in una cinepresa, chi in poche scarne righe di un brogliaccio… tante sono le muse ispiratrici, spesso immaginarie, tirate fuori dal cilindro di un prestigiatore o dai pochi sbiaditi ricordi della nostra infanzia.
Nell’anima di tutti noi i confini della saggezza, della razionalità sono spesso superati da quel bambino irriverente, dispettoso, mai cresciuto, sempre dietro l’angolo che di fronte alle decisioni della vita come a quelle professionali, ha bisogno del sostegno, del consiglio ma anche solo della immaginaria presenza della mamma, della moglie, amata ma continuamente tradita…i veri punti fermi dell’esistenza.
L’anima di questo uomo è vorace, fagocita tutto e tutti… forse non sa neppure amare, ma dal baratro del suo smarrimento, dal buio del suo peccato sa ritrovare la strada che conduce verso uno spiraglio di luce: la fede, il perdono, il momento della ricomposizione dell’io-ego bambino e dell’es-adulto, quasi una riappacificazione che sprigiona quella serenità, quella quiete dopo la tempesta, in grado di far apprezzare i veri valori e il perché dell’esistere e dell’essere.