martedì , Dicembre 3 2024

Raccontami una storia: “Mi chiamo Sole”

“Mi chiamo Sole”

di Marta Camerotto

 

Porca paletta! Otto meno dieci. I calzini viola no, i viola scuro no, i violetta no. Ah, pure quelli rossi. Ma dove caspita sono finite le calze nere coprenti che devo mettere? Questo cassetto è un gran casino, sembra una pentola piena di pop corn scoppiati che vanno da tutte le parti. Ed io sono scoppiata più di loro.

Non so se si è capito, ma sono in ritardo anche stamattina. Tutta colpa delle mie ore insonni passate davanti al computer a scrivere articoli per un giornale che si trova gratis in stazione. Pagata poco e in nero. Mi chiedo: “Perché lo faccio?”. Mentre corro dalla camera al bagno e dal bagno alla camera mi faccio pure una predica da sola: “Sei una segretaria. Lo vuoi capire una volta per tutte? Se-gre-ta-ria. Ti entra in testa? Ma chi ti credi di essere la Gruber? Certi grilli per la testa non portano a nulla, nella vita bisogna accontentarsi! Andare dietro ai sogni non porta a nulla!”.

Eccole le calze finalmente! Speriamo non siano rotte da qualche parte. Gonna, bagno, maglia, pettine, dentifricio. Viaaa. La colazione salta. Anche quella di Drillo (povero), il mio cane. Un sospiro di sollievo e sono in macchina. Ce l’ho fatta. Dio grazie.

Lavoro come segretaria in un ufficio di una grande azienda immobiliare. Sistemo carte, faccio bolle, fatture, peso camion e rispondo al telefono. Sono un automa ma infondo non è questo che mi pesa. Ma l’arroganza di chi comanda, di chi ha i soldi e ti considera come una scrivania, un computer, un’anta di un armadio.

Il mio nome è Sole e sono grande. Cioè, sono una persona adulta. Avete presente quei giovani che non sono più adolescenti, né studenti universitari, non abbastanza giovani da essere mantenuti dai genitori ma nemmeno abbastanza vecchi da essere vecchi. Bene, anzi male, questa sono io. E quindi sono giovane ma adulta. Giovane ma non vecchia. Quindi adulta e seria. Non vecchia ma grande. Grande ma non anziana. Quindi sono in piena crisi. Altro che adolescenza con i brufoli e il figo col motorino che non ti si fila. La vera crisi è adesso. E se oggi, o già da un po’ di tempo, avete lasciato anche voi i banchi di scuola e vi trovate ad affrontare la vita senza professori, pagelle, guida per patenti, primi limoni, corriere che aspettano, ore ad imboscare i bigliettini che puntualmente non riuscirai a copiare e poi niente più capelli rosa, genitori che ti svegliano quando sei in ritardo e cazzate. Tante cazzate. Quelle soprattutto. Da oggi, dicevo, se ti succede tutto questo, cioè, sei grande abbastanza da doverti arrangiare in tutto, da non mostrare agli altri debolezze varie, o momenti di incertezza, o colpi di testa, ecco ci sei anche tu. Si perché questa età, quella dell’essere giovani ma adulti è una gran fregatura. Uno da grande deve sempre sapere cosa fare anche quando non lo sa. E’ l’età del fare sul serio, delle magliette in tinta unita, dell’appartamento col mutuo da pagare, del conto in banca, della vacanza da mostrare in un post e degli aperitivi prolungati. Beh, io me ne sono accorta troppo tardi. Mi sono alzata una mattina e mi sono trovata in questo spazio. Mi guardo allo specchio: non ho ancora le rughe, forse un po’ di occhiaie, ma non mi vedo proprio con la faccia da adulta con la valigetta in mano e la camicia stirata. Odio le camicie e le facce da contabile. Amo le magliette e le facce da scema fatte col cellulare. Ma poi, mi spiegate perché mi devo subire l’adulto normale di turno che mi dice: “Ma dai, alla tua età?”.

Per non parlare di certi messaggini. Beh, mettiamo subito in chiaro una cosa. Non sono una principessa. E non lo sarò mai. E basta con questi messaggi : Ciao Principessa, Buongiorno Principessa, Cosa fai Principessa? Mandami una foto principessa. Ma adesso. Una domanda: Vi sembro una principessa con questi jeans e la maglietta presa ai saldi? Ma per favore, cerchiamo di non diventare noiosi da subito. E’ vecchia questa storia della principessa.

E qua non c’è nessuna torre, nessun castello, nessuno di nessuno. Non risponde nessuno. Solo ragnatele, i topi sono morti di fame, mentre i ragni sono emigrati e andati a vivere nelle terrazze degli appartamenti degli operai, ovvero,  dove abitano quelli che lavorano, così possono vivere sereni e felici dal lunedì al venerdì. Insomma. Qua non c’è nessun cavallo su cui salire (per favore non è un doppio senso) per cui non c’è bisogno  di tirarsi su la gonna e salirci.

Quindi basta a chiedere foto un po’ così, foto un po’ provocanti, foto un po’ nude, cioè foto porno in definitiva. E poi, non c’è nessuno da salvare, nemmeno la sottoscritta. Tutti pronti a fare i principi, tutti che impazziscono e nessuno che faccia pazzie per dimostrati che sono impazziti per te. Sembra un giro di parole ma è così. Il massimo della pazzia è uno smile fatto a cuore e un ti lovvo. E poi scrivono “per te farei qualsiasi cosa, morirei per te”.

Tutta sta pazzia al vento e manco uno che va a farti la spesa o ti tenga il figlio quando sei piena di impegni (se ce l’hai) o che venga a sistemarti il rubinetto del bagno che perde da un mese. Gente, alziamo il sipario, questi sono i principi farlocchi, quelli delle parole, dei messaggini facili prima di andare a dormire. Poi Puff! La mattina ti svegli e il principe non c’è più, è diventato un rospo che non ricorda neanche di chiederti come stai. Non parliamo di mandarti delle rose. Astrofisica applicata. La foto quella si invece. Te la chiede dopo le 21. Benvenuti nella favola al contrario. Se c’è un principe che ti chiama principessa. Scartalo subito. E’ un rospo. Ma c’è anche di peggio delle principesse. Oltre al ciao cucciola, c’è il ciao topina. Nooo. Vi prego, non si può leggere. Non sono una topina. Sono una tigre che ti sbrana a colazione. Anzi meglio: sono un pagliaccio che ride di te.

 

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