Il Salto nel Vuoto
di Giovanni Minio
Quel giorno ero di ritorno a casa, verso l’ora di pranzo, con mia moglie e mio figlio. Avevo un appuntamento per le due, ma guidavo lentamente e con i riflessi rallentati, a causa dell’iniezione mensile, e non solo, a cui ero sottoposto, che avevo da poco subito all’altro capo della città; una iniezione inspiegabile, difficile a comprendere e sulla quale ero da sempre curioso di indagare.
Tutto era molto strano, specialmente i volti di quei dottori, che con fare rassicurante mi sottoponevano, da moltissimo tempo, a queste iniezioni.
Stavo meditando su questa mia situazione, quando lo sguardo mi andò sullo specchietto retrovisore e vidi improvvisamente un carro funebre, nero, che mi seguiva.
Lo dissi a mia moglie. E lei, divertita, mentre il carro ci superava: “Ma ci sei tu nella cassa”!
Guardando bene, vidi sul carro, scritto il mio nome, la mia data di nascita e di morte con i rispettivi luoghi.
Rimasi sorpreso, stupefatto e ammutolito.
Arrivato a casa, dimenticai l’appuntamento, mi buttai sul letto e cominciai a rammentare qualcosa: ero stato ricoverato 10 anni prima. Partito con una carovana di artisti, dove mi era stato predetto un “Grande Salto nel Vuoto”, al ritorno, ero stato internato e costretto a ininterrotte somministrazioni di fortissime dosi di ogni genere di calmanti, sedativi, psicofarmaci e sostanze, fuori e dentro i mercati farmaceutici internazionali, che venivano periodicamente e giornalmente sperimentate sulla mia persona, per tentare di rendermi, a ogni costo, encefalogrammaficamente piatto.
Il tempo è passato.
Mia moglie non c’è più.
Altri 23 anni sono trascorsi.
In tutto 33.
Oh! Gesù!
Hanno smesso ieri. Il giorno di Natale.
Forse ce l’ho fatta
Giovanni Minio