Cortesia
Racconto di Giovanni Renella
Chissà perché, a distanza di quasi cinquant’anni, la memoria recupera il ricordo di quel gesto di cortesia che si ripeteva sera dopo sera.
Da bambini, all’epoca, era difficile cogliere appieno la portata di quell’avviso che si caratterizzava per la sua discrezione.
Altri tempi!
Erano gli anni del boom economico e della speranza di poter progredire nella scala sociale: un obiettivo cui si tendeva, se non per se stessi, almeno per i propri figli.
Quel po’ di benessere diffuso anche fra gli operai e gli impiegati contribuiva a rendere buona parte della popolazione meno incline al conflitto sociale, stemperando le ostilità ideologiche che pure caratterizzavano quei tempi.
Come un fiume carsico, tuttavia, l’aggressività si sarebbe incanalata sottotraccia, finendo per sfociare in contrapposizioni violente.
Ad ogni modo, nel pieno degli anni sessanta, tutto questo era ancora lontano dall’accadere e oggi riaffiorano i flashback dei rapporti intessuti con gli altri.
A cominciare dalle relazioni instaurate con i compagni di classe delle elementari, maschi e femmine, insieme ai quali si apprendeva non solo l’abc dell’istruzione, ma anche, e soprattutto, l’importanza del rispetto reciproco.
Guai a essere irriguardosi con le bambine, fosse anche per tirar loro le trecce per farsi notare, o prepotenti con i più timidi: molestie e atti di bullismo sarebbero stati stroncati dalla maestra, con una bacchettata sulle mani, e dalla mamma, con una sonora mazziata, non appena avesse saputo dell’accaduto.
Quindi conveniva, già dai primi anni di scuola, imparare ad essere educati e gentili, quanto meno per evitare grane.
Cedere il passo o il posto sull’autobus agli adulti era la regola, non scritta ma osservata da tutti, che faceva dei minori, responsabilizzati dai genitori, il biglietto di presentazione della famiglia.
Non che non vi fossero sgarbi, insolenze o offese, ma queste non caratterizzavano la prevalenza dei rapporti fra le persone, perché a quei tempi, in Italia, la cortesia non era merce rara.
La prova del nove che la gentilezza ancora albergava nel bel paese, si ebbe sul finire degli anni sessanta.
All’inizio di quel decennio al “programma nazionale”, nato nel cinquantaquattro, fu affiancato il “secondo canale” e il palinsesto della RAI poté contare su di un maggior numero di programmi divisi fra le due reti televisive.
Con le televisioni dell’epoca, rigorosamente in bianco e nero, per cambiare canale bisognava agire su di una manopola e girarla in un senso o nell’altro per selezionare la rete scelta.
Il passaggio, però, non avveniva mai casualmente.
Un triangolino bianco intermittente compariva in sovraimpressione per alcuni secondi sul bordo inferiore dello schermo e, nel dare il segnale che sull’altro canale stava per iniziare un nuovo programma, allo stesso tempo rammentava un po’ a tutti che la cortesia non costa nulla, ma fa la differenza!