Emmanuel “Manny” Dapidran Pacquiao, comunemente chiamato Pac-Man, è nato il 17 dicembre 1978 a Kibawe, nelle Filippine.
E’ uno degli atleti più pagati al mondo ed uno dei più celebrati campioni della storia della boxe.
I dieci titoli mondiali conquistati in otto categorie di peso, fanno di lui un pugile dalla carriera assolutamente unica.
Da due legislature è parlamentare della Repubblica delle Filippine.
Nato nella più assoluta povertà, lasciò la scuola a dodici anni, per partecipare al sostentamento della propria famiglia. Poco dopo, secondo un’indiscrezione del suo allenatore Freddy Roach, scappò di casa col cuore spezzato, per il fatto che il padre avesse ucciso, cucinato e mangiato il suo adorato cagnolino.
Bambino solo ed abbandonato nelle baraccopoli della periferia di Manila, Manny sopravvisse d’espedienti, soffrendo fame, sete, infezioni ed ogni tipo di privazione.
Entrato con altre centinaia di bimbi denutriti nell’affare dei combattimenti clandestini tra giovanissimi, finì per essere assoldato da una vera palestra di pugilato che, a soli sedici anni, lo fece esordire nel professionismo.
Non ancora ventunenne, conquistò il mondiale WBC dei mosca, infliggendo un duro KO al connazionale Gabriel Mira.
Mancino imprevedibile, dotato di un gioco di gambe che, a mio parere, quantomeno pareggia le abilità di due maestri come Willie Pep e Benny Leonard, cominciò il suo attacco al mondo scalando le varie categorie di peso.
Nei centrali anni duemila era il pugile più forte in circolazione.
I suoi incontri con Marquez e, soprattutto, con Morales, sono pietre miliari della recente storia della boxe.
A parte per una sconfitta subita da El Terrible, maturata sulla distanza, Pac-man appariva imbattibile.
Nell’epoca in cui Floyd Mayweather vinceva con una contestatissima split decision ai danni di Oscar De La Hoya, Manny Pacquiao distruggeva lo stesso avversario, disponendone come se l’altro fosse stato un dilettante, in un incontro senza storia.
L’8 dicembre 2012, un terrificante destro in bocca da parte di Juan Manuel Marquez, segnava un crocevia nella carriera del grande filippino.
Interminabili minuti senza conoscenza, la paura di danni cerebrali, l’età che avanzava, costrinsero Pacquiao ad un cambio di stile e strategia nella propria boxe.
Le splendide serie infinite a due mani, favorite da un’indipendenza di gambe unica, sparirono dal suo repertorio, per lasciare spazio a guardia più alta e uscite più rapide.
Tornò a vincere, pur con avversari di rango quali Rios e Bradley, ma il Pacquiao degli anni precedenti era stato un pugile diverso.
Mayweather, che non a caso è un campione straordinario, unendo doti strepitose a furbizia e maestria nel scegliere sempre i momenti giusti, accettò l’incontro che aveva tenuto nel limbo per un decennio.
Il 2 maggio 2015 andò in scena il più ricco evento pugilistico della storia, naturalmente nella prestigiosa cornice dell’MGM di Las Vegas.
Dodici round piuttosto noiosi, controllati con relativa tranquillità da Floyd jr., non cambiarono la titolarità delle cinture dei welter.
Manny Pacquiao, padre di cinque figli, si avvia a terminare la propria stellare carriera.
Uomo ricchissimo e politico potente, rammenta i difficili anni di povertà e stenti, destinando gran parte delle proprie risorse al sostentamento ed all’istruzione dei tanti bambini poveri delle Filippine.
Emmanuel Pacquaio non dimentica nemmeno quel suo adorato cucciolo sacrificato dal padre, aiutando con cifre a molti zeri le associazioni e gli enti che si dedicano al recupero dei poveri randagi dell’area metropolitana di Manila e delle restanti città dell’arcipelago.