Sono giorni difficili, pesanti, di inquietudine, in cui si pensa alle persone più care e si inviano messaggi per chiedere “Tutto bene?” e si pensa “forse non ti ho mai detto quanto ti voglio bene”, paura, fragilità, incertezza le emozioni che ci scuotono più di frequente, impotenza, anche se molto possiamo fare, dubbi sul futuro.
Si consulta più spesso il web alla ricerca di notizie, si leggono ordinanze, interpretandone il contenuto in modo a volte non corretto, ci si allarma più del necessario, ci si allarma meno del necessario.
Ci si stringe intorno ai propri cari, si cerca di fare vivere ai figli, pur se in casa, una quotidianità, si fanno compiti e letture, sperando di tornare presto alla normalità, alle attese alla fermata del bus, ai compiti della domenica, alle chiacchiere con le altre mamme.
Normalità, tran tran, corse: mai come ora la nostra routine ci pare meravigliosa e invidiabile, quando vi faremo ritorno avremo una consapevolezza nuova, ci porterà a vivere con più gusto, sono giorni di respiri profondi e preghiere sussurrate al cielo “Fa che passi presto, andrà tutto bene, mamma vado io a fare la spesa, dì al nonno di non uscire”.
Ci si attacca al telefono per sconfiggere la noia, per strappare una risata a un amico ed essere distratti da un ricordo, un aneddoto, non ci può vedere, ma si cerca l’illusione di una vicinanza fisica in una conversazione telefonica.
In questi giorni io ho capito quali sono le persone importanti, chi ho bisogno di sentire chi mi rassicura, chi c’è sempre.
La normalità…
Se fossimo alla normalità….io sarei in Città nel mio meraviglioso centro storico a lavorare come guida turistica e raccontare la storia della Repubblica di San Marino, a portare a spasso i miei turisti, che solitamente in questo periodo dell’anno sono giovanissimi, gite scolastiche, ragazzi entusiasti, allegri, rumorosi, mi fanno sempre faticare, difficile tenere alta l’attenzione di un gruppo di adolescenti in “libera uscita”, sono i gruppi che preferisco, rivedo nei volti dell’uno e dell’altro le tante sfumature dell’adolescente che sono stata e anche quelle dei miei compagni di classe di allora, c’è sempre in ogni comitiva quella “secchiona” che prende appunti e annuisce col capo, quella interessata ed entusiasta, quello con gli occhiali da sole ben calati sul volto a nascondere una notte insonne, la fatalona, l’intellettuale, quello che con una battuta fa ridere tutti….
Mi manca tutto del mio lavoro, le chiacchiere frettolose con i negozianti, gli angoli di città, i monumenti, le targhe, i tramonti, il suono del “Campanone”, ho fatto per anni il lavoro più bello del mondo…e lo sapevo, lo so ancora. Tornerò a farlo.