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Il mondo della moda si unisce e piange. Arrivederci Franca.

 

Il mondo della moda si stringe e piange. Addio Franca. “Mamma non vivrò nella tua ombra ma nella tua luce”. così il figlio, saluta la madre al funerale. L’addio a Franca Sozzani, editrice di Vogue Italia, classe 1950, lascia un grande vuoto e un triste silenzio nel mondo della moda. 

Ha cominciato la sua carriera lavorando per la rivista «Vogue Bambini» (rivista creata nel 1973). Nel 1980  diventa direttore responsabile di «Lei». Tre anni dopo, dirige anche «Per Lui», la versione maschile di «Lei». Dal 1988 diventa direttrice di Vogue Italia. 

A luglio 2008 esce quello che da molti viene considerato uno dei punti culturalmente più alti della sua carriera: Il Black Issue. Si tratta di un’edizione speciale del mensile che vede, in copertine diverse e in tutti i servizi di moda, l’impiego esclusivo di modelle di colore. Sozzani muove questo atto di sensibilizzazione rivolto al mondo della moda internazionale e all’opinione pubblica in merito allo scarso numero di modelle black rispetto a colleghe dalla pelle chiara. Tra le protagoniste di questo numero di Vogue Italia compaiono le top model Naomi Campbell, Liya Kebede, Jourdan Dunn, Sessilee LopezTyra Banks, Chanel Iman e molte altre. Il Black Issue riscontra una grande successo e verrà ristampato più di tre volte. 

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A febbraio 2010  ha lanciato il sito internet Vogue.it, il primo portale della testata di moda. Si sente un grande vuoto nel mondo della moda, dell’editoria, dello stile.

Ha lavorato fino alla fine, impeccabile e autorevole. La sua ultima apparizione è stata a Londra, ai premi del British Fashion Council, che le ha tributato lo “Swarovski Awards for Positive Change” riconoscendole il lavoro instancabile per promuovere la diversità anche nella moda e per il suo coinvolgimento profondo in diverse cause benefiche. Un viaggio che ha compiuto in treno come racconta Anna Wintour in un toccante omaggio sul sito di Vogue america, in cui definisce l’amica “la più instancabile lavoratrice che abbia mai conosciuto, con una invidiabile predisposizione al multitasking”. Le immagini dell’evento la mostrano arrivare sul palco fragile ma sorridente e visibilmente emozionata al braccio di Tom Ford, che le ha consegnato il premio.

In effetti con lei, senza alcun timore di smentita, se ne va un pezzo essenziale della moda contemporanea. “Ha reso Vogue Italia una delle voci più potenti della moda e della fotografia, portando la rivista ben oltre i tradizionali confini dell’editoria. (…) I più grandi fotografi guardavano a lei come a una guida creativa che dava loro la libertà di esprimersi al meglio, mese dopo mese”. Cosi ne parla, Jonathan Newhouse: Chairman e Chief Executive della Condé Nast.

“Chi avuto la fortuna di lavorare con lei in Condé Nast”, prosegue Newhouse, “la rispettava e la amava. Lei pretendeva sempre il massimo, e loro glielo davano. Aveva un’enorme conoscenza anche delle meccaniche economiche del sistema e questo le ha permesso di portare Vogue Italia a livelli inaspettati”. Tutto verissimo, e sì che in Condé Nast lei ci era arrivata rispondendo all’annuncio su un giornale, senza avere nemmeno idea di cosa trattasse quell’offerta. Ha finito per ribaltare la storia del costume, inventando un modo nuovo per raccontare visivamente la moda. Franca Sozzani a fare questo lavoro non ci pensava di certo: prodotto tipico dell’alta borghesia, immaginava per sé una vita da “nullafacente” di lusso (parole sue) passata a gestire la famiglia, e d’altronde tutto lasciava pensare a quel futuro: il collegio delle marcelline prima, il liceo a Milano poi, gli studi in Cattolica (Lettere, con tesi in Filologia Germanica), a 32 anni si sposa, salvo però separarsi dopo tre mesi, per di più incinta del suo unico figlio, Francesco. Anni dopo, per spiegare il perché della risposta a quell’annuncio, si giustifica col fatto che sarebbe stato più facile far digerire al severo padre l’idea di una separazione se in ballo ci fosse stato un lavoro. Fatto sta che il suo destino (e quello della moda contemporanea), sono segnati. Inizia come segretaria e poi passa a Vogue Bambini: nulla di strano, in quegli anni non si sa nemmeno cosa sia una redattrice di moda, si naviga a vista e certi passaggi sono la norma. Non è però che si trovi benissimo ad avere a che fare con l’abbigliamento per i più piccoli, e accoglie con gioia la decisione di farla passare alla nuova rivista Lei (versione italiana dell’epoca di Glamour, pubblicazione dedicata alle ragazze), seguita qualche anno dopo da Per Lui. È qui che stringe i contatti con Bruce Weber e Steven Meisel, all’epoca fotografi giovani e di nicchia, che assieme a lei plasmano l’immagine contemporanea. 

Come tutte le personalità di spessore, era Amata e al tempo stesso temuta, capace di fare la fortuna di un designer con sua approvazione. Stravolge l’editoria, trasformando le sue riviste in colossi che sbaragliano la concorrenza: nel 1994 diventa anche Direttore Editoriale della Condé Nast, che sotto di lei rafforza ancora di più la sua posizione nel settore; consigliera fidata dei più grandi creatori, una sua parola può spostare investimenti da milioni di euro, e lei usa questa sua capacità anche in altri campi: lo fa per esempio con Convivio, evento biennale di shopping per sostenere la ricerca contro l’AIDS, o con il sostegno allo IEO, la fondazione creata da Umberto Veronesi per finanziare la ricerca sperimentale dell’Istituto Europeo di Oncologia, di cui è presidente dal 2013. Patrocina la Vogue Fashion Night Out, sorta di notte bianca dello shopping che attira ogni edizione milioni di curiosi in tutto il mondo e “Who’s on Next?”, concorso per stilisti emergenti organizzato assieme ad AltaRoma. Quando si parla di certe personalità a mio avviso è difficile circoscriverle ad una categoria. Certamente era appartenente al fashion system, ma era una anima eclettica, in continuo divenire. E quando si perdono queste voci è davvero triste.

 

Giulia Castellani

 

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