E’ questo immortale istinto del bello che ci fa considerare il mondo e tutte le sue bellezze come un riflesso, come una corrispondenza del cielo. La sete inestinguibile di tutto ciò che è al di là, e che rivela la vita, è la prova più viva della nostra immortalità. Con la poesia e insieme attraverso la poesia, con la musica e attraverso la musica, l’anima intuisce la luce che splende al di là della tomba; e quando una poesia perfetta fa nascere le lacrime agli occhi, queste lacrime non sono segno di una eccessiva gioia, ma piuttosto indice di una malinconia esasperata, di una esigenza nervosa, di una natura esiliata nell’imperfetto che bramerebbe possedere subito, in questo mondo, un paradiso rivelato.
C. Baudelaire, da Art Romantique
L’istinto al bello è una peculiarità che poche persone hanno; E’ come una gemma rara, un urgenza innata al di fuori dei canoni comuni. Il bello dunque non è per tutti. Non tutti conoscono il bello. Certo esiste il proverbio : “Non è bello ciò che è bello ma è bello ciò che piace” ovvero “Non esiste un bello assoluto, la bellezza spesso è relativa” ma personalmente trovo questo proverbio una scusa! Alcuni possono avere un proprio stile personale “affascinate”o “specifico” quindi riconoscibile ma il bello oggettivo cioè universale riconoscibile non è per tutti. Il bello lo si esprime con un suono, con un colore, con un gesto, con una forma, con un attenzione particolare. Cercare il bello e da eroi. Vivere nel bello è da poeti.
Parto da questo piccolo preambolo perché proprio in questi giorni è venuto a mancare un cultore del bello: Giorgio Albertazzi, un artista, grande attore, ed è stata una scossa, un terremoto al “Bello”. Un suo rappresentante, mi permetto di scrivere, che un rappresentante del bello se ne è andato via, lasciando tutti un po’ più al buio.
Non per questo l’arrivo delle tenebre è vicino, anzi, le tenebre sono già con l’uomo dal giorno della sua nascita, ma colui che ha lottato una vita intera per rappresentare il bello ci ha lasciato.
Albertazzi era un grande artista, un grande attore, capace, talentuoso, un vero gigante sulla scena. Elegante, sincero, dotato di grande cultura e sicurezza, porgeva delicatamente un verso, un suono, gesto, rendendo lo spazio scenico una vallata, a volte un castelllo, altre volte un impero.
Mi chièdo come rapportare l’eléganza, lo stile la raffinatézza dél passato, di un passato da lui vissuto, soprattutto negli anni in cui valeva la parola data, a oggi. Come paragonare la pulizia di un suòno, di una paròla détta corréttamente al dilagare di suoni presenti distorti e mischiati.
L’esempio che Albertazzi lascia ai posteri è totale e specifico. Unire parole e emozione in unico attimo, rendeva la sua arte esplosiva e concreta. Ringrazio questo grande uomo per l’esempio, le parole, le esperienze che abbiamo condiviso assieme. Un film che vale assolutamente la pena di citare in questo momento dove vedeva Albertazzi come grande protagonista è “L’anno scorso a Marienbad” Leone d’oro al festival di Venezia del 1961. Diretto da Alain Resnais, sceneggiato e dialogato dello scrittore Alain Robbe-Grillet, ispirato al romanzo “L’invenzione di Morel” dello scrittore argentino Adolfo Bioy Casares, L’anno scorso a Marienbad, segna la carriera cinematografica di Albertazzi, il quale si vede sfumare da sotto gli occhi la Coppa Volpi come miglior attore protagonista da Toshiro Mifune (per La sfida del samurai) La trama di questo film su una serata teatrale organizzata in una sontuosa villa di campagna , la quale si trasforma, per una giovane invitata, in un complicato viaggio nella memoria. Uno sconosciuto ( Albertazzi) intraprendente insiste di averla conosciuta l’anno precedente a Marienbad, ma la donna non ne è affatto sicura. L’uomo desidera portarla via, ma la donna non fa altro che rimandare l’evento. Il film non rivela chi dei due abbia ragione e si perde nei numerosi flashback dei protagonisti, che pronunciano pochissime battute, mantenendosi quasi sempre statici sulla scena. La cosa Magnifica del film oltre alla grande interpretazione attuariale, sono le ambientazioni, vere e proprie opere d’arte architettoniche , tanto che questo film viene usato nelle facoltà di architettura come esempio. Un altro film dove ritroviamo un fantastico Albertazzi è “Ti ho sposato per allegria” commedia italiana del 1967 diretto da Luciano Salce, tratto dalla commedia omonima del 1965 di Natalia Ginzburg.
Albertazzi e Monica Vitti, una coppia straordinaria! La commedia è decisa in tre atti e la Ginzburg disegna il ritratto di un matrimonio, di carattere piuttosto borghese, tra l’avvocato Pietro e Giuliana, una giovane donna di bassa estrazione sociale conosciuta ad una festa. Al momento di conoscere Pietro, Giuliana si trovava nel mezzo di una crisi. Il racconto della vita di Giuliana costituisce la trama principale della vicenda. Sul palco, passano in rassegna vari dialoghi tra i personaggi. Spesso sono scambi di idee in cui la banalità della vita di tutti i giorni viene intrecciata ai problemi esistenziali. La sottile ironia della commedia consiste così nel raccontare in tono quasi allegro gli eventi più problematici: realtà come l’aborto, la morte, la separazione e l’incomunicabilità nei rapporti di coppia vengono in un certo senso sdrammatizzate e descritte con la massima naturalezza. Indimenticabile però la modernità di Albertazzi nel Jekyll del 1969, lavorò come regista televisivo e come attore protagonista in uno sceneggiato RAI tratto da “ Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde (Strange Case of Dr Jekyll and Mr Hyde, 1886) celebre romanzo dello scrittore scozzese Robert Louis Stevenson. Considerata la più importante opera di Stevenson, è uno dei più grandi classici della letteratura fantastica di tutti i tempi.
Albertazzi già nel 69 era estremamente moderno e avanti nei tempi. Magari oggi meraviglie simili in televisione! Tanti tanti tanti altri film, televisione e soprattutto teatro, il tempio di culto dell’arte! Una carriera davvero importante e esemplare per tutti. Un leone, un grande uomo.
Al cinema in questi giorni, dopo avere citato Albertazzi potrei solo che invitavi ad andare a vedere “Julieta” l’ultimo capolavoro di Pedro Almodóvar. Meraviglioso!