Le vite degli altri
Un racconto di Giovanni Renella
La valigia e il borsone di plastica accantonati nell’ingresso restituivano l’immagine della precarietà che caratterizzava la sua esistenza.
Aveva imparato a spostarsi con un bagaglio leggero, come si addice ai viaggiatori esperti, ma era ben altro ciò che le pesava.
Di lì a poco avrebbe lasciato anche quella casa, portando con sè solo il ricordo del tempo trascorso insieme e della routine giornaliera.
Di quei periodi, fatti di mesi, nei casi migliori di anni, alla fine le restava sempre il rammarico di dover lasciare luoghi e persone che avevano fatto parte della sua quotidianità, il più delle volte uguale a sé stessa.
Seduta in quella che sino ad allora era stata la sua stanza, aspettava in silenzio l’arrivo dell’auto che l’avrebbe portata via, verso un’altra città o, forse, solo a qualche isolato di distanza.
Certo il suo futuro, in passato, non era stato sempre così incerto.
Fino all’età quarant’anni non si era mai allontanata da casa e dalle figlie.
Poi, improvvisamente, una mattina aveva trovato chiusi i cancelli della fabbrica in cui lavorava e le era crollato il mondo addosso.
Dopo mesi alla vana ricerca di un qualunque lavoro le consentisse di poter crescere e far studiare le sue figlie, alla fine era stata costretta a lasciare il suo paese.
In una sorta di contrappasso dantesco, come se avesse dovuto scontare anche una pena per l’allontanamento forzato da casa, era precipitata dal soffrire per l’abbandono della propria famiglia all’alleviare le sofferenze delle vite degli altri.
Mentre aspettava che l’ennesimo sconosciuto venisse a prenderla, si ritrovò a far scorrere sul cellulare le immagini dei suoi nipoti: non li aveva visti nascere e li vedeva crescere attraverso le foto.
A lei non era riservata la fortuna di partecipare alle gioie dell’infanzia o dell’adolescenza, ma le toccava assistere alle sofferenze della vecchiaia, fino alla conclusione della vita.
Mentre in auto si apprestava a raggiungere la sua nuova destinazione, calcolò che ormai erano trascorsi più di vent’anni da quando aveva cominciato a fare la badante, e non si contavano più gli anziani che aveva accudito, accompagnandoli all’uscita di scena.