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Le stanze della memoria

Le stanze della Memoria – I miei lunedì di consultazione del Fondo Garampi nelle sale dell’ Archivio Segreto Vaticano (aprile – ottobre 2012)

Trafelata di primissima mattina [1] mi avvicino a Porta Sant’Anna, le guardie svizzere sono al loro posto e così gli addetti al controllo dei pass. Se al posto di viali e aiuole ci fosse un pavimento trasparente, il cortile della Pigna nei Musei Vaticani diventerebbe il luogo più fotografato del pianeta. Invece di percorrerlo a passo svelto per raggiungere la Cappella Sistina i visitatori sosterebbero a contemplare il dedalo di corridoi che si snoda sotto i loro piedi. Il cuore dell’Archivio Segreto Vaticano. Il “bunker”, come lo chiamano gli addetti ai lavori, è un cubo di cemento armato a protezione di tesori di inestimabile valore. Faldoni, libri mastri di famiglie nobili romane, registri papali, carteggi diplomatici, atti dei tribunali ecclesiastici. Milioni di dati e date, nomi, fatti. Storie di papi e d’armi, di scomuniche e alleanze contro Solimano il Gran Turco, di scoperte geografiche che hanno cambiato la storia, vicende di cattolici ferventi e di pericolosi eretici. Compendio di almeno un millennio di storia del Mondo.

Mi avvicino timorosa alla guardiola dove le sentinelle mi sorridono cordiali, mi invitano a presentarmi all’ufficio per l’accesso. Mi consegnano un pass provvisorio e finalmente entro.

L’Archivio Segreto Vaticano, riconosciuto come il più insignee importante archivio del mondo si distingue anche per l’abbondanza e la varietà dei suoi fondi, affluitivi gradualmente dal secolo XVII in poi, quando fu istituito per diventare l’archivio centrale della Chiesa. Ancor più che per l’estensione cronologica quest’archivio si presenta complesso per quella geografica, distinguendosi, fra tutti, per la sua prerogativa di universalità, quale archivio della Chiesa Cattolica. Sebbene in grandissima parte consultabile dagli studiosi, conserva ufficialmente la qualifica di Segreto, come si usavano chiamare in passato gli archivi dei sovrani, considerati privati, utilizzati solo per ragioni di Stato o di governo. Anche dopo l’apertura, avvenuta nel 1880, l’Archivio Vaticano non può dirsi pubblico: il Sommo Pontefice ne ritiene, con la proprietà, il governo e l’amministrazione suprema e solo per sua disposizione è accessibile agli studiosi (Regolamento dell’Archivio Vaticano, articoli 1 e 2). Se le vicende storiche dell’odierno Archivio Vaticano risalgono alla sua istituzione, la storia degli archivi della Chiesa ha origini ben più remote, questi sono nati con la Chiesa stessa L’opera di evangelizzazione impose la necessità di conservare e custodire insieme alle Sacre Scritture i testi dottrinali, le lettere inviate e ricevute dai Romani Pontefici, gli atti dei sinodi, gli atti dei martiri, i documenti relativi all’amministrazione della comunità cristiana di Roma e all’assistenza spirituale e caritativa. Ma di questa documentazione accumulata a Roma fino a tutto il III secolo ben poco si è salvato, pervenutoci per il tramite di biblioteche non romane, specialmente a causa della persecuzione di Diocleziano, il quale nell’anno 303 ordinava, a quanto attesta il contemporaneo Eusebio di Cesarea, la distruzione delle scritture della Chiesa. Con la pace data alla Chiesa da Costantino nel 313 fu possibile formare al Laterano nella domus Faustae un centro di coordinamento della vita della Chiesa in Roma e conseguentemente fu ricostituita una raccolta di scritture, conservate in scrinio o in cartario Romanae Ecclesiae, cui si riferiscono san Girolamo scrivendo contro Rufino d’Aquileia ai primi del secolo V e le lettere di papi da Innocenzo I (401-417) in poi. E’ certo che lo scrinium era al Laterano almeno alla metà del secolo VII e nulla vieta di pensare che ci fosse anche prima, quando il suo materiale archivistico e i diversi codici (estratti dal primicerio Teofilatto) contenenti numerose opere di Padri orientali ed occidentali e anche di eretici vennero utilizzate nel Concilio romano del 649 contro i Monoteliti. Lo scrinium andava accrescendosi di raccolte letterarie, teologiche, liturgiche anche per rifornire le novelle comunità cristiane e quanti chiedevano di averne esemplari. Quest’archivio-biblioteca papale era accessibile agli studiosi, molti, in diversi tempi, attinsero per la compilazione di collezioni canoniche. Tuttavia carte importanti si custodivano anche in altri luoghi sicuri, come nella Confessione della basilica di San Pietro (presso la tomba dell’Apostolo si deponevano e conservavano le professiones fidei dei vescovi e nel chartularium presso l’arco di Tito sulle pendici del Palatino. Purtroppo quel prezioso materiale archivistico anteriore ad Innocenzo III (1198-1216) è andato quasi totalmente perduto; cause la fragilità del papiro che fino al secolo XI normalmente si usava nella Cancelleria papale per i documenti e i registri, le avventurose vicende di diversi papi, che nei continui trasferimenti di residenza cui erano costretti, trasportavano con sé l’archivio, con inevitabile danno per il suo contenuto, ma soprattutto le gravi turbolenze, i rivolgimenti politici, le guerre (si pensi al saccheggio di Roma compiuto dalle truppe di Roberto il Guiscardo nel 1084), le rivolte popolari, le lotte fra le fazioni che desolarono l’Urbe. Pochi sono i documenti superstiti tra cui due lettere dei papi san Leone Magno (440-461) e san Gregorio Magno (590-604) oltre al Liber Diurnus (il formulario ecclesiastico più antico). Con Innocenzo III si apre un tempo di maggior fortuna per l’archivio papale. I pontefici del secolo XIII furono sempre più inclini a soggiornare in Vaticano, luogo meglio difeso, furono edificate le residenze del Cancelliere e del Camerario (oggi Camerlengo). Il trasferimento al Vaticano dei due uffici primari, Cancelleria e Camera Apostolica, ebbe come conseguenza che anche la sede dell’archivio divenisse il Vaticano. Da Innocenzo III comincia la serie regolare dei registri di lettere pontificie (con la segnatura Registra Vaticana). Nel 1304 l’archivio seguì Benedetto XI a Perugina, dove circa dieci anni dopo fu smembrato: una parte, la minore fu inviata in Francia, a Carpentras, l’altra parte fu spedita ad Assisi e ospitata nella sagrestia di san Francesco. Di qui, tra il 1339 e il 1342 raggiunse Avignone, dove i papi ormai da tempo avevano stabilito la loro residenza. Col ritorno del papa e della curia a Roma (1377) la storia dell’archivio papale entra in una fase drammatica a causa del grande Scisma d’Occidente. Pochi mesi dopo l’elezione a Roma di Urbano VI (1378-1389) fu eletto a Fondi dai cardinali dissidenti Clemente VII (1378-1394) che nel giugno del 1379 prese possesso del Palazzo di Avignone, lì si trovava ancora l’archivio che vi rimase a lungo quasi totalmente, accresciuto dai documenti prodotti dalla curia dell’antipapa Clemente e del suo successore Benedetto XIII (1394-1423). Frattanto in Italia si formava un nuovo archivio papale, frutto dell’attività da papa Urbano VI fino a Gregorio XII (1406-1415). Un altro archivio ebbe inoltre origine in seguito all’elezione a Pisa dell’antipapa Alessandro V. Tre obbedienze dunque la romana, l’avignonese e la pisana, con tre rispettivi archivi. Terminato lo Scisma con l’elezione di Martino V (1417-1431) avvenuta durante il concilio di Costanza, il materiale archivistico formatosi dagli inizi dello Scisma in poi cominciò a ricomporsi ed unificarsi. I pontefici da Pio IV (1559-1565) fino a Clemente VIII dimostrarono grande impegno per il recupero e la raccolta dei documenti ma la soddisfazione di realizzare i loro intenti e di dare inizio ad un archivio centrale della Chiesa, fondando l’Archivio Vaticano toccò a Paolo V, il romano Camillo Borghese (1605-1621). In mancanza di un documento di fondazione del nuovo archivio ne è considerato “l’atto di nascita” il breve del 31 gennaio 1612, col quale Paolo V ne nominò custode Baldassarre Ansidei e nel quale menziona il trasferimento di documenti all’archivio stesso. A sede del nuovo archivio furono destinate tre sale vicine al salone Sistino della Biblioteca Vaticana già adibite a residenza dei cardinali bibliotecari, le quali ora formano il primo piano superiore dell’Archivio. Contengono gli armadi di legno originari ancora in uso. L’evoluzione del nuovo archivio fu piuttosto lenta. Solo durante il pontificato di Urbano VIII (1623-1644) la Biblioteca e l’Archivio ebbero, con breve del 23 luglio 1630, due dirigenti distinti, primo Prefetto fu Felice Contelori. Il grande card Giuseppe Garampi, Prefetto dal 1751 al 1772 realizzo il gigantesco Schedari, fondo che ho consultato partendo dal 1450 al 1575. Dal pontificato di Leone XIII l’Archivio è stato dotato, in diversi tempi di locali sempre più estesi, tra cui quelli storici della Torre dei Venti o della Meridiana. Nel 1929 Pio XI (1922-1939) individuò per l’Archivio una più adatta Sala di consultazione per gli studiosi. Nel 1933 fece corredare di scaffalature metalliche, con uno sviluppo lineare di molte migliaia di metri, i locali situati sul lato occidentale del Cortile Belvedere, già sede della Pinacoteca Vaticana e da lui concessi all’Archivio. Dopo la seconda guerra mondiale, per disposizione di Pio XII (1939-1958) furono arredati con scaffali metallici i soffittoni, che si estendono per quasi duecento metri sopra la Galleria delle Carte Geografiche dei Musei Vaticani. Ceduti all’Archivio anche gli spaziosi soffittoni del Palazzo d’Innocenzo VIII, vicino alla Scala del Bramante. Nell’ultimo anno di pontificato Pio XII decise pure che si costruisse un nuovo appartamento per il Prefetto in comunicazione con l’Archivio, portato a termine sotto il suo successore. Per concessione di Giovanni XXIII (1958-1963) fu possibile istituire un ampio gabinetto fotografico e un laboratorio per la legatoria e restauro. Assegnò anche nuovi grandi locali situati al di sotto dei vecchi e dispose che fosse aperto, nel Cortile del Belvedere, un ingresso indipendente, inaugurato da Paolo VI il 13 novembre 1964. Nel 1968 lo stesso Paolo VI decise l’allestimento di una nuova sede per la scuola di Paleografia, Diplomatica e Archivistica che cominciò a funzionare nel 1970.

Non è possibile presentare qui un quadro completo ed organico del contenuto dell’Archivio Vaticano, sia a causa del gran numero di fondi, sia perché il loro materiale, versato all’archivio in vari tempi e senza  un piano razionale prestabilito, non sempre è ordinato secondo gli Uffici da cui proviene originariamente. Mi limito pertanto a segnalare i fondi più notevoli. Il primo posto spetta ai registri delle lettere ufficiali dei papi, contenenti la trascrizione in copia autentica delle lettere originali. Queste si distinguono in bolle e brevi, a seconda del sigillo metallico (bulla) ordinariamente di piombo o il sigillo di cera, oltre a diverse rispettive caratteristiche. Tra le serie dei registri di bolle, la più antica e la più importante è quella dei Registri Vaticani, che aprendosi con due volumi sporadici (di Giovanni VIII e di San Gregorio VII, prosegue in successione più o meno regolare da Innocenzo III a San Pio V (1198, 1572), chiudendosi con alcuni volumi posteriori eterogenei. E’ considerata la migliore fonte per la storia europea dei secoli XIII e XIV. Fra i fondi, che prendono il nome dai precedenti proprietari o dagli iniziatori delle raccolte e archivi aggiunti, spesso con carattere di collezione, vanno menzionati i fondi Albani, Bolognetti, Borghese, Carpegna, Gonfalonieri, Garampi, Pio, Santini e la collezione Spada; tra gli archivi aggiunti quelli di alcune famiglie patrizie romane (Boncompagni, Borghese, Della Valle-Del Bufalo, Patrizi-Montoro, Rospigliosi, Ruspoli) e di alcune Confraternite romane. Un contributo notevolissimo al Diplomatico dell’Archivio Vaticano viene dall’Archivio di Castel sant’Angelo. Quest’ultimo, che abbraccia un millennio, conserva il nome primitivo (Archivum Arcis = A.A.) e i quasi 8.500 documenti si indicano ancora con le segnature originali per armadi (Arm. I-XVIII e Arm. B,C,D,E,F) E’ stato giustamente definito la raccolta più preziosa di documenti vaticani: contiene privilegi, diplomi e lettere di sovrani, atti solenni di papi, trattati internazionali e, in genere, scritti di particolare importanza storica. Tra essi, la celebre collezione di sigilli d’oro, la più ricca del mondo: ben 69 sono infatti i documenti con bolla aurea, da quello dell’imperatore Federico I Barbarossa (1164) a quello di Carlo VII re di Sicilia (1739). Se ne aggiungono alcuni con bolla d’argento in forma di scatola, dall’anno 1664 al 1803. Altri famosi cimeli dell’Archivio di Castel sant’Angelo sono il diploma di Ottone I, scritto in oro su membrana purpurea (962), il Concordato di Worms fra papa Callisto II e l’imperatore Enrico V (1122)  e le tre lettere in forma di rotolo degli imperatori Comneni, le lettere scritte ai papi dai sovrani di Paesi orientali nei secoli XII-XIV, il decreto d’unione della Chiesa greca con la latina emanato nel Concilio di Firenze (1439), l’indirizzo dei magnati d’Inghilterra a Clemente VII per ottenere l’annullamento del primo matrimonio di Enrico VIII, con 85 firme e sigilli di ceralacca (1530), una lettera dell’imperatrice cinese Elena, divenuta cristiana a Innocenzo X, scritta su seta (1650), la ratifica della rinunzia al trono della regina Cristina di Svezia, con le firme e i sigilli dei 306 membri del Parlamento svedese (1654)[2].

L’Archivio Vaticano non solo risponde ai bisogni della Santa Sede ma svolge anche un’altissima funzione a servizio della cultura e della ricerca storica. Ogni 30-35 anni le nunziature apostoliche (le rappresentanze diplomatiche della Santa sede sparse nel mondo, inviano a Roma tutti i documenti accumulati. Ci sono poi i contributi della Curia romana, delle congregazioni, di tribunali e uffici. Una mole impressionante di carte che si aggiunge a quanto già conservato. Nulla può più arrivare da famiglie private, dal secondo dopoguerra lo Stato italiano ha ritenuto di dover tutelare il proprio patrimonio documentale facendo valere il possesso iure soli (per diritto territoriale). A partire dai secoli scorsi, specialmente nel XIX, prima che fosse aperto agli studiosi, era stato concesso a diversi personaggi di poterlo consultare. In seguito alla sua apertura, decisa nel 1880 è divenuto un istituto scientifico e il più importante centro mondiale di ricerche storiche, per la sua ricchezza inesauribile e per il carattere di universalità. Durante la consultazione ho apprezzato la disponibilità e cortesia di tutto il personale dal Segretario del Prefetto (monsignor Sergio Pagano) Marco Grilli ai collaboratori della sala di consultazione, tutti diplomati in archivistica alla Scuola vaticana interna all’Archivio, a cui ho presentato le richieste di documenti citate e in parte riprodotte in questa pubblicazione. Annotano la “segnatura” su un modulo e si inoltrano nel bunker o negli spazi dell’edificio dove sono conservate le carte originali. Conservo ricordi bellissimi della consultazione della Bulla con cui Pio II chiamava a raccolta i re di tutta Europa per armarli contro il Turco, una lectio magistralis di letteratura e storia antica, dagli Assiri alle guerre contro Cartagine, in un latino fluente e accattivante, da insigne oratore. Le pagine del libro, di fine pergamena, scricchiolavano sul grande leggio di legno nella grande sala, mentre le giravo, una ad una, lentamente, prestando la massima attenzione a non sciuparle. All’inizio la lettura di quel latino, con tante abbreviazioni, mi era sembrato difficile, poi le pagine scorrevano veloci. Di grande effetto anche la consultazione nelle sale sotterranee dei file PDF con la copia delle Bullae precedenti al 1500, come quella di Pio II del 1463 che assegna a San Marino i Castelli di Serravalle, Montegiardino, Fiorentino e da ultimo Faetano, dopo la disfatta di Sigismondo Malatesta ad opera di Federico d’Urbino.

Nell’Archivio tutto è segreto, nulla sconosciuto. Certo come avviene in tutti gli archivi di Stato, i documenti vengono resi consultabili solo a debita distanza temporale dai fatti avvenuti. In Vaticano si procede per pontificati: oggi, nel 2012, sono a disposizione le carte di quello di Pio XI, fino al febbraio 1939. Resta fuori il controverso periodo di Pio XII (gli anni della II guerra mondiale, della Shoah, degli albori della guerra fredda). Gli addetti stanno studianto quei documenti, sono al 1949 ci vorranno ancora alcuni anni per finire il lavoro.

Alessandra Mularoni

[1] lunedì 16 aprile 2012, l’Archivio Segreto Vaticano apre per la consultazione dalle 8.15 alle 13.00, dal lunedì al venerdì, secondo il calendario distribuito dalla Prefettura.

[2] G. Battelli, Archivio Vaticano, in Enciclopedia Cattolica, XII, Città del Vaticano, 1954

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