Con la matita innamorata,
il Wonk del suo Oggi
Facendo capolino dal suo mondo di matite,Wonk poteva fingersi adolescente al pari degli altri ma soltanto a titolo di una età, conoscendo perfettamente che se anche il tempo lo stava trasformando,giocare e ridere -come disegnare o colorare capelli o corpicini e studiare come vestirli- lo rapiva sempre e ancora di più.
Per cui,gli piacevano tutti i coetanei che sorridevano e nella loro semplicità producevano ludiche battute di spirito,come detestava gli sgarbati,quelli che per sentirsi piu adulti sputavano cose poco eleganti dalle loro bocche o si vantavano di aver fracassato il motorino .
Anche studiare poteva appassionarlo ancora, se facendolo riusciva a giocarci.
Orpolà,questo andava facendosi più difficile ora, ma ostinazione e arguzia di sicuro lo aiutavano.
Capitò il giorno del supplente a scuola.
Una gloriosa manna stellare:se alle 20.00 puntate del giorno prima quell’episodio della ‘sua’ serie in televisione lo frastornava(in una qualsiasi maniera o per una infinita’ di possibili motivazioni),studiarsi una seria geografia senza pasticciare bozzetti caricaturali divaganti sarebbe risultato improbabile alquanto.
Fino all’addormentarsi ,pagine aperte al petto e inconscentemente,sulla realta’ del giorno successivo:un’altra mattinata densa di imperativi,oneri,interrogazioni,richiami all’organizzazione e all’acquisizione di una personale autonomia.
La sua ultima fila in aula -gli svogliati,gli elusivi delle interrogazioni,i festaioli e lui:il piccolo genietto-artista,un pò sulle sue perché le fantasie con quelle loro creature ultrafisico-ultramentali lo rapivano costantemente.
La prima fila invece era prodiga di ragazzine,il più delle quali poteva essere vista da un quattordicenne come lui avvolgenti almeno quanto la zia insinuante che per le feste di fine anno fa domande sulle fidanzatine e sui progressi di scuola con l’aria di chi può saperla più lunga.
Eppure,tra le care pimpanti ziette,a scavalcare le due file di mezzo-una incognita,composta da qualche ragazzone alla moda coi ciuffi yeah-yeah e l’ormone verniciato da un pennarello Uni-Poska giapponese riversato a protesta sui banchi-come in un racconto a vignette e verso il tristo lampadario al neon ospedaliero ,schizzava fiondata verso l’alto a lettere oltre il cubitale una risata pazza e convulsa,incredibilmente e disinteressantemente senza fine.
Assieme a quella,bombardate in ogni dove, palle di carta e vocalizzi da documentario animale.
La passione per il freak ,è noto,non può non travolgere i genietti artisti.
Nel suo osservare tutto minuziosamente,come nel suo ascoltare intensamente,Wonk collezionava commenti e dati sulla proprietaria di un simile riso,tanto famigliare alle giovani ziette di prima fila.
Come sempre accade,i geni di quattordici anni non sono la massima aspirazione di conquista delle ragazzine adolescenti,per lo meno all’epoca dei fatti qui narrati.
Magari a cinquanta qualcosa potrebbe muoversi in favore di questi fenomeni dell’intelletto,ma restavano..diciamo ancora una sola quarantina di anni a partire da quel momento.
E,altro ben risaputo,chi si mantiene tale imperversa col professarsi genietto-artista in progressione e senza posa,indi…Bingo!.
La possibilità di una unione riuscita ivi è traducibile col ‘mai’.
Gli incastri temporali in casi come questo, davvero sono ben poco propizi.
Questa è la nota a tergo per le intellettuali figuracce che il nostro quattordicenne vignettista collezionò ancor più numerose delle figurine e volumetti dei comics prediletti.
-Un lessico appropriato?
Sia mai,da adolescenti fa solo noia.
-Un silenzio impenetrabile?
Peggio.Se non urli o starnazzi,non sei di rapida interpretazione.
-Il mestiere dell’osservatore?
Tremendo: i ‘’cosa vuoi’’ fioccano a picchi estremi,al punto di divenire antologici.
-Delle ricezioni-e servizi potenti-nella pallavolo di classe?
..Bhe,divertenti:grotteschi e metabolizzati dagli attaccanti nipponici(qui si parla di quegli atleti riprodotti nei disegni animati,prodi e supereroi oltre il limite).
Qualcosa non poteva quindi oltrepassare l’imponenza di una battuta volgare o di un barattolo di gelatina collosa rovesciata sui capelli e atta a combattere tuoni,lampi,vento e nevicate d’alta montagna che erano i leit-motiv del resto della combriccola teen.
Solo alla mamma potevano ancora piacere le angeliche ondulature naturali dei capelli lasciate libere della loro smaliziata espressione.
Ma qualcosa di buono poteva essere una risposta favorevole inattesa,al momento meno previsto e colti di soprassalto.
Intravedere il diarietto di scuola tutto colorato e animato di pupazzi,orsacchiotti,gattini,idoli di carta e battute sarcastiche da piccolo intellettuale.
La rivincita.!
Per cinque stratosferici secondi,un istante su cui premere il fermo-immagine,le attenzioni e le congratulazioni di lei riempivano la scena e con una naturalezza estrema condizionavano i quindici giorni a venire e fatalmente costretti a essere riavvolti all’indietro,reinterpretati,reimmaginati.
Con qualche pedicello imbarazzante da nascondere che andava a ruota a ridiscutere tutto quanto.
E qualche spilla dei giochi a teatro del giorno prima dimenticata tra i capelli al risveglio, per la furia di non perdere l’autobus e di avere tutti gli strumenti pronti in borsa.
Uno degli imbarazzi da una adolescenza tormentata tra i piu’ grandi.
E il tempo incredibilmente non passava per Wonk.
O meglio,trascorreva con pesantezza.
In una età in cui la pioggia di primavera è fatta di una tristezza che fa piacere.
Coi mughetti da riprodurre in disegno che fanno impiegare quella quarantina di minuti in più con la trigonometria.
E il loro aroma che ci tramortisce di piacere e gusto.
Tutto il mondo di compagnie stagliato intorno ha il valore immenso che però non può avere immaginarsi lì ,al fianco dell’altra ultra-uranica agognata nostra metà.
Wonk conosceva alla perfezione il sentirsi così.
In una età in cui i silenzi responsabili aiutano semplicemente l’altro da noi a dividere le giornate con altri amici e altre metà,per cui le distanze paiono oltre l’invalicabile quando non diventano insormontabili per davvero.
Wonk appuntava pedissequo nell’ordine:weekend,feste,occasioni in cui la sola presenza della sua dandy preferita faceva una sua comparsa simbolica.
Tutto poteva diventare significativo-uno scambio di saluti,una battuta di spirito,il silenzio a due negli intervalli tra una lezione e quella successiva,guardare in due accanto al termosifone dal finestrone che si affacciava sul viale piu’ tristo della citta’,ma che in quel preciso istante diventava l’Olimpo coi suoi colonnati tra le nubi.
A ragione veduta,si rese conto che in universo temporale in cui parevano tutti non preoccuparsi di esprimere il loro stato d’animo,persino la sua ragazza alla moda era entrata a far parte di quel suo mondo a matita.
Rendendo impossibile un banale approccio fisico,dialettico e reale,tanto era stato impreziosito dalla immaginazione che aveva ricalcato lei semplicemente in base ai suoi bisogni di adolescente, padre di un fiume di scatole chiuse da regalare alla realta’ ,semplicemente perché il loro destino era che venissero infine aperte.
Passarono dei mesi,degli anni di scuola,delle lunghe vacanze.
Il mondo reale in fondo non conosceva della esistenza fisica di Dizzy,questo il nome di quel terremoto dada che aveva acceso tali fantasie su Wonk.
La caricatura di lei era presente sui raccontini disegnati da lui,persino su alcuni periodici di nicchia a prezzo venale zero che altri studenti come Wonk che li ideava leggevano,sognandoci e ridendoci sopra.
Un armadietto modesto custodiva tutto quell’amore,quei brani,quelle storie.
Wonk si ritrovò un giorno ironicamente cresciuto e si confessò apertamente,regalando uno sconcerto imperante,dopo anni di lavoro sulla cosa,all’oggetto di quei sogni.
Quella scatola chiusa,una volta aperta,stava proiettando all’esterno bagliori accecanti,che nemmeno le venti dita di lui e lei,ora unite, riuscivano piu’ a stringere perche’ potessero fermarsi e tornare a vivere dove erano stati allevati e nutriti per un tempo di cui quasi non si portava piu’ memoria.
Per loro,bagliori di un altro cielo,quella scatola ancora rappresentava la vita stessa e la sua linfa.
Naturalmente il personaggio sviluppato da Wonk si era gia’ tramutato in un altro.
Tuttavia,Dizzy sopravviveva in due diversi mondi.
Un armadietto di scatoline,.. e questo nostro universo.
Miracolosamente,Dizzy che era tornata a fluttuare dove segretamente era nata,portava in se’ altre microscopiche lucine..che avrebbero in un certo qual modo appagato la vista all’orizzonte nel cielo del proprietario di quell’armadietto.
Esiste tuttavia una potenza a questo mondo che in eta’ adulta si può ancora chiamare amicizia.
Edulcorata da cucchiaini di autoironia che la fanno sopravvivere alle prove piu’ ardue.
E altresi’,esistono altri stellari umani che possiamo ritenere all’altezza di vivere al di fuori di quel portentoso, magico armadietto.
Post Scriptum-Quell’armadietto e’ ancora la casa di tante luci dell’Universo che sono state adottate.
Qui possono infine perdersi e abbandonarsi.
Hanno trovato infine il loro Cosmo-sistema.