La storia del Lago Aral è la storia di uno dei più grandi e gravi disastri ambientali dell’umanità.
Situato in Asia centrale, al confine tra l’Uzbekistan del nord ed il Kazakistan sud-occidentale, vantava fino agli anni ‘60 il primato di quarto lago del mondo per estensione, dopo il mar Caspio, il lago Superiore ed il lago Vittoria. Oggi è quasi del tutto scomparso a causa di una serie di disastri ambientali.
Dagli inizi degli anni ’70, a causa di un assurdo progetto del regime Sovietico di prelevare enormi quantitativi d’acqua dai due principali affluenti, l‘Amu Darya e il Syr Darya, appositamente deviati per irrigare i campi di cotone creati nelle zone circostanti, l’estensione del Lago Aral si è via via ridotta, fino a ridurre del 75% la sua estensione originaria, contribuendo a rendere ancora più arida una delle più aride zone del pianeta e lasciando senza lavoro e senza sostentamento intere città di pescatori.
La diminuzione dell’estensione del lago Aral (la città uzbeka di Muynak, un tempo attivo centro costiero per la lavorazione del pesce, attualmente si trova a circa 50 km dalle rive del lago) ha modificato il clima della zona innescando un processo irreversibile per cui l’evaporazione aumenta il prosciugamento del bacino ed il prosciugamento del bacino favorisce l’aumento dell’escursione termica e dell’evaporazione
Essendo un lago salmastro, il terreno rimasto in seguito al prosciugamento è costituito da sabbie salate soggette a frequenti e violente tempeste di vento che trascinano le polveri per centinaia di chilometri, e che rendono difficile sia l’agricoltura sia l’allevamento. Inoltre, l’uso smodato nei decenni passati di diserbanti e pesticidi per far posto alle piantagioni ha reso queste sabbie estremamente inquinate e tossiche per le popolazioni.
Fonte: internazionale.it