giovedì , Novembre 21 2024

“La sensazione di essere a casa, sempre”

Qual è la sottile eppure potentissima differenza che intercorre tra il volare più in alto e il fuggire dalle situazioni scomode, quelle che ci creano una fastidiosa frizione interiore?

Quando è saggio allontanarsi e quando è invece sinonimo di codardia e immaturità?

Io ho iniziato questo 2022 nuovo di zecca con questa domanda, che è un quesito scomodo, che richiede una risposta franca e diretta.

L’ho nel corso degli anni ripetuto più e più volte “io volo più in alto” riferendomi al fatto che quando non sento più la giusta sintonia con una persona, con una situazione, con un sentire,  tendo ad andare via, con o senza spiegazioni, quasi sempre con zero rimpianti come se quella linfa che mi ha nutrito ed emozionato fosse oramai esaurita e non ci fosse regione per restare.

Volo più in alto o lo faccio in direzione ostinata e contraria rubando una bellissima espressione di De Andrè? La mia è una fuga dal dispiacere e dal chiarimento oppure è un saggio e provvidenziale allontanamento?

E’ giusto spiegarsi e sviscerare oppure lo è maggiormente girare i tacchi?

Annosa e spigolosa domanda che non investe solo i rapporti con le persone ma un po’ tutti gli ambiti del quotidiano, un rapporto di lavoro, una discussione con i colleghi, una questione pratica e via discorrendo.

Non sempre è possibile “stare nel bello” a volte questo diventa solo un mero esercizio di negazione della realtà, la vita è fatta di dolce e amaro, in ugual misura e a volte in quella patina così poco edulcorata bisogna imparare a starci, con onestà, quella che dobbiamo a noi stessi.

Io credo che il vero discrimine, la risposta a ogni domanda risieda nel cuore e con questo si sente, resto se capisco “ne vale la pena” è importante per me, si tratta di una persona o una situazione così legata a me da chiamarla casa, così legata alla mia essenza da avere messo radici profonde altrimenti…buon volo, bene andare da un’altra parte, non deve essere nulla di simile a un esercizio di buona educazione il rimanere.

Bisogna avere il coraggio di chiamare le cose con il loro nome, altrettanto vale per gli stati d’animo, se parlo alla mia tristezza,  o ansia, o rabbia riconoscendola e non fuggendo da lei e raccontandomi storielle lei mi risponde e mi spiega per quale ragione è venuta a trovarmi, cosa mi vuole insegnare, cosa mi deve dire e io non fuggo, sono qua per ascoltarla e capire.

Io a volte ho ansie da anticipazione, fatico molto a vivere nel solo momento che esiste cioè il presente, perché penso molto al passato, con nostalgia o rimorso oppure ho qualche paura per il futuro, entrambe sono due dimensioni che non ci appartengono. Devo riallineare la mia mente per realizzare che il presente è il solo istante che c’è, sento allora il ticchettio amatissimo che producono i tasti del mio pc che trasformano e materializzano quello che è un pensiero in un articolo, un racconto, se sono all’aperto sento la brezza del vento che mi scompiglia i capelli o il tepore di un raggio di sole che non sa che siamo in pieno inverno e prova a riscaldarmi.

“Succede sempre qualcosa di meraviglioso” è uno stupendo libro che ho letto sul finire dell’anno che si è appena concluso, mi ha lasciato una grande serenità del cuore e tante piccole “pillole di saggezza”, consigli semplici e che chiunque può seguire, ecco quelli che mi hanno colpito di più:cinque lezioni di vita tratte proprio dal libro:

Essere ribelli significa essere gentili

Siamo tutti sulla stessa barca…inutile abbaiarci contro…

Parla alla tua tristezza come se fosse una vecchia amica

…ascoltala, ha certamente qualcosa di prezioso da raccontarti…

La vita non è matematica, è poesia

Trova la poesia in ciascun momento, la realtà ne è piena…mai osservato un’alba o un tramonto?

Ama l’incertezza, perché la vita ne è piena

Non attaccamento, non controllo…”sii fiume e non roccia…”

Impara ad amare le cose negative che ti accadono

“amo il mio destino qualsiasi cosa abbia in serbo per me”

 

“Succede sempre qualcosa di meraviglioso” è il racconto di un viaggio che ha come protagonista Davide, un ragazzo che vede tutte le sue certezze crollare una dopo l’altra, fino a perdere il desiderio di vivere. E Guilly, un personaggio fuori dal tempo che Davide, per caso o per destino, incontra in Vietnam e da cui apprende un modo alternativo e pieno di luce di prendere la vita.

 

Potremmo chiamarla in tanti modi: serenità, pace interiore, leggerezza, calma. Oppure, come direbbe Guilly, “la sensazione di essere a casa, sempre”.

Chiara Macina

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