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La grande stagione 1957-58: quando il Padova sfiorò lo scudetto

In una serata estiva del ‘79, quando avevo otto anni e mezzo, io, mia sorella Betty, che mi teneva per mano, ed un nostro amico del quartiere, ci incamminammo per via Armistizio, superammo il ponte sul raccordo fluviale del Bassanello e procedemmo per un breve tratto di corso Vittorio Emanuele.

Un tragitto di una decina di minuti che, negli anni a seguire, avrei percorso molte volte per raggiungere le gradinate dello stadio cittadino, dedicato al valoroso fante Silvio Appiani.

Appiani, attaccante ed allenatore del Padova negli anni del calcio pionieristico dei primi del ‘900, aveva lasciato la facoltà di medicina per arruolarsi nel Regio Esercito Italiano, finendo di stanza al Carso, dove aveva trovato la morte a soli ventuno anni d’età.

Quando vi entrai per la prima volta, lo stadio cominciava a denotare i segni del tempo, era un complesso insieme di muratura e tubi innocenti, non godeva di alcuna simmetria ed i servizi per lo spettatore erano fatiscenti.

Eppure, la magia di quel catino, le urla del pubblico che facevano scappare i piccioni dalle cupole della basilica di Santa Giustina, le bandiere biancorosse, quello splendido scudo nel petto dei giocatori, tutto rimandava con la memoria ai magici anni ’50 quando, qualunque fosse la squadra avversaria che entrasse in quello stadio, doveva sputar sangue per non venir seppellita di gol.

squadra

Lo scudetto del Verona del 1985, unico campionato in cui le partite vennero integralmente affidate al sorteggio dell’arbitro, è ricordato come il primo, vero trionfo di una squadra provinciale in Italia, laddove con tale termine si indichi una squadra a rappresentanza di una città di medio-piccole dimensioni.

La verità è che, tornando indietro di una trentina di stagioni, il ristretto panorama calcistico nazionale aveva già avuto nel Padova una sorprendente compagine, proveniente dall’esterno del triangolo industriale, a lottare per le posizioni di vertice.

Dal ’55 al ’61 il Calcio Padova non arretrò mai troppo dalla vetta, giungendo due volte ottavo, una volta undicesimo, una volta quinto ed in una addirittura terzo; risultati non basati sul nulla, dato che nelle due ultime stagioni degli anni ’40 era giunto decimo ed undicesimo.

Gianni Brera, il più grande giornalista specializzato in calcio, disse che se il Padova avesse avuto un trattamento equo da parte dei direttori di gara, in quegli anni, avrebbe vinto almeno un paio di scudetti.

goal

Per sollevare polemiche mi sembra un po’ tardi, quindi mi accontenterò unicamente di parlare di quel terzo posto, un piazzamento straordinario che, a distanza di quasi sessant’anni, riempie ancora d’orgoglio ogni padovano.

Il Calcio Padova contava su una difesa rocciosa imperniata sul più grande giocatore biancoscudato della storia, Aurelio Scagnellato, detto Lello, affiancato da Pison, Azzini e Blason. In porta le mani d’acciaio erano quelle di Pin.

Moro, Mari, Boscolo e Chiumento servivano palloni ai piedi buoni dell’argentino Humberto Rosa il quale, davanti a sé, poteva contare su due attaccanti di livello mondiale, Hamrin e Brighenti.

In cabina di regia, Nereo Rocco, detto il Paron, arcigno triestino dal retaggio austriaco che dettava legge, fuori e dentro il campo, con piglio patriarcale.

La rosa di giocatori di questo Padova passò alla storia col nome “i panzer di Rocco”.

L’8 settembre del 1957 la stagione partì, il Padova sconfisse la Lazio per 3-1 e sette giorni più tardi travolse il Genoa per 4-1. Padova e Juventus erano già da sole in testa alla classifica.

Dopo un periodo di appannamento, il Padova ripartì dall’Appiani e dalla vittoria su un vicino di casa, il Lanerossi Vicenza e su un avversario storico, il Torino, con una stupefacente tripletta di “Uccellino” Hamrin.

Le frasi storiche di Rocco ai suoi giocatori, sono da far risalire a quei tempi di grande concitazione agonistica: “A tuto quel che se move su l’erba, dasighe. Se xe ‘l balon, va ben o stesso” (Calciate qualsiasi cosa si muova sul prato. Anche se è il pallone).

Fiorentina, Napoli e Roma si distinsero come principali pretendenti al titolo, insieme a Padova e Juventus.

Il 19 gennaio 1958, ultima giornata del girone d’andata, il Padova travolse la Fiorentina, rimanendo a soli due punti dalla Juventus.

I biancoscudati rifilarono sei gol al Genoa, tre alla Roma prima di arrivare alla prova più importante della stagione, contro la diretta contendente, la Juve di capitan Boniperti e, soprattutto, di Umberto Agnelli, l’uomo più potente d’Italia.

Al termine della convulsa conferenza stampa di presentazione della partita dell’anno, un giornalista disse a Nereo Rocco: “Vinca il migliore!”.

Rocco, calcandosi il cappello sulla testa alla sua maniera, rispose candidamente: “Ciò, speremo de no!”.

gazzetta

Il 23 febbraio, davanti ad una folla incontenibile, pur senza reti di recinzione, ed un Padova in gran palla, le casacche bianconere furono salvate dall’arbitro Orlandini, il quale accomodò la partita perché finisse con un salomonico 1-1. Almeno così la vedono generazioni di tifosi padovani.

Nelle giornate seguenti il Padova rifilò 3 gol al Napoli e vinse a Vicenza, ma ormai il treno-scudetto era passato.

Con un 3-1 sul Bologna si chiuse il campionato casalingo del Padova, mentre a Firenze la compagine biancoscudata perse perfino il secondo posto.

Nel ’62, dopo altri ottimi campionati, il Padova precipitò in serie B e da allora, tifare per il Padova, è quasi garanzia di costanti delusioni ed amarezze.

In 37 anni di tifo, ormai molto tiepido, ho ricevuto come tornaconto una meravigliosa promozione in A, un meritato spareggio-salvezza l’anno successivo, un paio di altre soddisfazioni…..ed una sfilza infinita di sconfitte e retrocessioni.

Una cosa certa è che il tifoso padovano non ha paura di perdere; però, grazie a quella strepitosa squadra che aveva reso l’Appiani uno dei campi più difficili d’Europa, possiamo pur sempre dire d’esser stati la prima squadra che parzialmente riuscì ad opporsi allo strapotere economico lombardo-piemontese, arrivando ad accarezzare il sogno di vincere uno scudetto

Due giorni fa, il Padova ha compiuto 106 anni di storia, poco gloriosamente trovandosi a metà classifica del girone A di Lega Pro, quindi ben lontano dai fasti del passato.

Così vanno le cose del mondo.

Tanti auguri Calcio Padova.

Marco Nicolini

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