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In altalena

In altalena

di Anna Chiara Macina (26 luglio 2023)

«L’importante è camminare e allontanarsi dalle cose che fanno piangere.»

Natalia Ginzburg, “Caro Michele”

Un ricordo mi bussa sulla spalla oggi, ho sei o sette anni è estate, trascorro giornate leggere in compagnia dei miei nonni nella loro casa di campagna, ho probabilmente una t-shirt di cotone sporca di ciliegie, forse la zia o lo zio mi hanno chiesto con dolcezza “hai mangiato te le ciliegie o la tua maglia?”. Io mi inventavo sempre che erano fantasie già stampate sopra, ho da sempre amato negare l’evidenza. Lo faccio anche oggi che sono grande, fingo di non vedere, edulcoro, sopporto grandi dolori facendo finta di nulla, persisto, a volte non sempre per fortuna e non troppo a lungo, mi faccio andare bene le cose. Anche quelle che di buono hanno poco.

In quel ricordo mi dondolo beata, il vento mi accarezza il volto e scompiglia un po’ i capelli, mi perdo nei miei pensieri, guardo il paesaggio davanti a me, provo l’ebrezza della velocità del salire in alto e poi di essere riportata in giù, infinitamente, per ore e ore.

Ogni tanto la nonna Anna si affaccia, mi guarda e con quella voce dal timbro potente e un po’ impastata dal fumo di sigaretta mi dice a gran voce: “Chiara basta, non lo sai che dopo un po’ fare l’altalena fa venire una gran nausea?”.

“Si lo so nonna, eppure mi comporto sempre allo stesso modo come lo ignorassi, devo pensare alle tue parole farle mie ed estrarre il succo di quello che mi hai insegnato tanti anni fa, fare mia la lezione e non farlo più”.

Le ragazze amano dondolarsi in altalena anche da grandi, amano l’intensità delle emozioni che derivano dalla frequentazione degli abissi e delle vette, in giù e in su, numerose volte, spesso neanche per loro volontà, ma perché perse nella precarietà di un rapporto a intermittenza che a volte promette una grande luce e spesso finisce solo per mostrare tenebre oscure.

Ho conosciuto donne forti intelligenti e generose che si sono perse dietro a queste dinamiche, sospese tra il moltissimo di un giorno e il niente di un altro, agganciate a una sensazione angosciante che riflette sempre l’eco di una domanda inutile “ma è colpa mia? Ho fatto qualcosa di sbagliato?”.

Donne che si trasformano in maschere di accondiscendenza per riuscire a tornare al vertice di un’emozione che le aveva fatte gioire, seguita poi da giornate di silenzio senza motivo.

Donne che si dondolano in questa sensazione di alto e basso, prima stelle lucenti e poi a seguire crateri vuoti e secchi, dimenticandosi di una grande verità “non lo sai che dopo un po’ fare l’altalena fa venire una gran nausea?”.

Voglio coltivare questa consapevolezza, essere il mio centro, pensare che un bel giorno spingerò su un’altalena per pochi minuti, un nipotino, il figlio di un’amica o anche semplicemente un bimbo incontrato al parco che me lo chiede, ma mai vi siederò sopra per un tempo interminabile, né mai o mai più, permetterò a qualcuno di farmici accomodare e permettere di essere dondolata in alto o in basso a seconda dello schiribizzo della giornata.

Vi svelo un segreto, spesso quell’emozione immensa che abbiamo provato e che fatichiamo a lasciare andare, che vorremmo continuare a sperimentare all’infinito e pur di farlo siamo disposte a tutto è solo nostra, è dentro di noi, semplicemente proiettata su un’altra persona, siamo noi a averle regalato quella luce e non il contrario, riprendiamocela la nostra luce, non regaliamola a chi un giorno c’è e l’altro no, non mettiamo mai in dubbio il nostro valore.

Il pensiero che deve guidarci è sempre e solo uno: “Forse resterò sola per un po’ di tempo ma ho me stessa e non è poco. Il bello arriverà. Arriva sempre”.

 

 

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