Giosuè Carducci visitò per la prima volta San Marino nel 1871. In questa occasione aveva composto un’ode “Alla Repubblica di San Marino”, rimasta incompleta.
Tornò sul Titano il 30 settembre 1889 in compagnia di Pietro Ellero.
Fu in tale occasione che gli venne paventata l’ipotesi di tenere il discorso in occasione dell’inaugurazione del Palazzo Pubblico.
Il poeta accettò la proposta senza alcuna esitazione e in segno di riconoscenza e stima il Consiglio Principe e Sovrano lo elesse cittadino onorario.
Il 30 settembre 1894 il Carducci teneva il discorso “La Libertà perpetua di San Marino”, l’accoglienza fu davvero entusiastica.
Anche se il Carducci non tornò più a San Marino, non mancarono da parte dei sammarinesi segni di amicizia e stima nei suoi confronti. Morto il poeta il 16 febbraio 1907, la Repubblica intese onorarne la memoria ergendogli un’erma di bronzo nell’atrio di Palazzo Pubblico.
Per sottolineare l’importanza e solennità della circostanza venne chiamato a tenere l’orazione ufficiale l’allievo prediletto, Giovanni Pascoli, che pronunciò il discorso “Alla gloria di Giosuè Carducci e di Giuseppe Garibaldi”.
Il Carducci nel celebre discorso accetta la leggenda così com’è, anzi ne fa una ricostruzione letterariamente felice e narrativamente commossa. Lo storico svizzero Aebischer, cui si deve la pubblicazione della Vita Sancti Marini, invita a distinguere ciò che è vero da ciò che appartiene alla letteratura agiografica. Anzi afferma che la leggenda non è documento storico ma semplicemente dimostra che nell’epoca della sua composizione (sec. X°)si venerava sul Titano la memoria di un santo anacoreta di nome Marino.
Nondimeno tale leggenda costituì sempre un forte legame per la comunità sammarinese e fondamento della sua coscienza autonomistica.
…L’uomo di Dio, addormentandosi nel suo signore, lasciò in comune il monte ai compagni di opere di fede, che lo tenessero e lavorassero in pace con mutua carità. Intorno alla tomba e al sacello si mantenne stretta la compagnia dè cristiani, non veramente monasteo o cenobio, ma congregazione di fratelli a lavorare e adorare in libertà. (G. Carducci, La libertà perpetua di San Marino).
Chiara Macina