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Folco Quilici, conservato a Roma il testo originale di una sceneggiatura su San Marino

Paul Aebischer - Essai sur l'histoire del Saint-Marin del origines à l'an mille

Folco Quilici, conservato a Roma il testo originale di una sceneggiatura su San Marino

Quando si parla di Folco Quilici non si può scindere la sua vita terrena, conclusasi a 87 anni nel febbraio 2018, dall’eternità del mito impressa come un sigillo nel nome stesso di questo celebre documentarista e divulgatore scientifico originario di Ferrara. Le sue opere, realizzate più o meno in ogni angolo del globo, hanno lasciato traccia non soltanto nei numerosi lungometraggi bensì anche nei testi divenuti, come in questo caso, dei veri e propri cimeli. Stiamo parlando di un progetto scritto per un intero film-documentario da dedicare alla Repubblica di San Marino: una sceneggiatura che abbiamo rinvenuto in versione originale, con tanto  di correzioni a penna, all’interno del “Fondo Folco Quilici” presso la Biblioteca “Luigi Chiarini” del Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma. Terminata nel febbraio 1968, la sceneggiatura si compone di ventisette pagine dattiloscritte, alternate a inserti di citazioni sulla Repubblica di San Marino: si tratta di frasi legate a illustri personaggi e letterati del calibro di Paul Aebischer, Melchiorre Delfico, Giosué Carducci. Cosa dovrebbe avere di così prezioso e particolare questo testo, oltre a essere appunto originale e a riportare la firma autografa di Folco Quilici?

Nell’immensa filmografia del documentarista non risulta alcun titolo che faccia presupporre l’effettiva realizzazione di questa sceneggiatura così come fu inizialmente concepita; in realtà abbiamo soltanto una traccia della Repubblica di San Marino all’interno di un documentario sull’Emilia Romagna del 1968, facente parte della collana “L’Italia vista dal cielo” che è stata realizzata nell’arco temporale compreso tra il 1966 e il 1978: si tratta di quindici pellicole date alla luce per conto della Esso Italiana e poi trasmesse dalla Rai. La Esso France aveva già realizzato una serie intitolata “La France vue du ciel”: i paesaggi francesi erano esplorati dall’alto attraverso l’occhio di una cinepresa, sospesa a un elicottero e protetta da uno speciale dispositivo per contrastare le vibrazioni dovute all’alta quota. Il capo dell’ufficio pubbliche relazioni della Esso Italiana, Lorenzo Cantini, nota le opere già prodotte da Folco Quilici sull’Africa e intende così affidargli questo ambizioso lavoro cinematografico sulla nostra bella Italia. Ciò che ha sempre interessato maggiormente il regista è stato mostrare la quotidianità vivente di una qualunque civiltà, andando al di là delle risorse iconografiche o dei reperti museali.

Quando una volta gli venne chiesto cosa avesse attirato la sua attenzione verso l’intero territorio italiano, il regista rispose di non conoscere l’Italia e di volerla pertanto avvicinarla con lo stesso spirito utilizzato nei suoi viaggi esotici. Dal modo certosino con cui impostò la sceneggiatura, che abbiamo avuto il piacere di sfogliare, possiamo affermare che la fanciullesca voracità di conoscenza di Folco Quilici avrebbe certamente trovato posto anche sul Monte Titano. Le immagini iniziali avrebbero dovuto mostrare un blocco di pietra sul quale era abbozzato lo stemma della Repubblica di San Marino: lo scudo con le tre torri, le tre penne, la corona chiusa simbolo di sovranità. «San Marino è tutta qui: il suo monte, la sua libertà, il suo progresso. Nei secoli», con tali parole la voce dello speaker avrebbe quindi introdotto il documentario. Da questo momento, per stessa volontà dell’autore, il racconto cinematografico si sarebbe sviluppato in ogni dimensione: alle normali riprese su paesaggi e luoghi storici, eseguite con il sistema panoramico “2P”, si sarebbero alternate le visioni d’insieme inedite di San Marino, contemplata fino a quei tempi come una semplice rocca vista dalla pianura.

«Ecco un aggrovigliato paletto di indicazioni stradali: Rimini, Pesaro, Riccione, Forlì, Urbino e San Marino. Raggiungiamo la Repubblica attraverso la superstrada: una breve sosta al confine. Proseguendo in auto – mentre abbiamo l’occasione di ammirare il paesaggio dai vari punti di vista – raggiungiamo la Capitale passando per la porta più antica e suggestiva», illustrava Folco Quilici facendo evidentemente riferimento a Porta San Francesco. Improvvisamente in Piazza della Libertà avrebbe dovuto apparire il corteo per il semestrale insediamento dei due Capitani Reggenti. «Durante la solenne sfilata, uno straniero – intento a riprenderla con la sua cinepresa – dà un’errata spiegazione alla giovane figlia dicendole che si tratta di una cerimonia rievocativa; a quel punto la bambina lo corregge, sottolineando che non si tratta di una banale rievocazione bensì della realtà quotidiana di questo antichissimo Stato». Successivamente la macchina da presa, attaccata all’elicottero con un supporto aerocalibrato, avrebbe lasciato il Monte Titano procedendo in linea d’aria in direzione del mare romagnolo e da qui verso l’altra sponda dell’Adriatico perché, come avrebbe enunciato lo speaker, «la vita e la libertà di San Marino vennero dal mare».

Si apre un paesaggio straordinario: questa è Arbe, un’isola la cui sola ricchezza era la pietra che gli uomini lavoravano a forza di braccia. Ecco il legame tra quest’isola sassosa e la Repubblica di San Marino: sedici secoli fa pochi uomini, guidati da Marino e Leo, s’imbarcarono verso Rimini per sfuggire alle persecuzioni di Diocleziano. Nella sceneggiatura sarebbe stata una scolaresca sammarinese a ricreare in costume l’arrivo dello scalpellino dalmata da Rimini al Monte Titano: così nacque la prima comunità di questa antica terra. Con un simbolico salto nel futuro i volti di quei ragazzi, ora in abiti contemporanei, avrebbero quindi figurato all’interno della solenne processione del 3 settembre in direzione del sacello del Santo Marino. Non c’è tuttavia soltanto l’aspetto sacro in questo testo di Folco Quilici, che rievoca altresì importanti commemorazioni civili quali la Festa dell’Arengo del 25 marzo: la riunione dei capifamiglia, ossia l’istituto dell’Arengo, fu infatti il primo nucleo amministrativo e rappresentativo di questo Stato. Proseguendo con la narrazione storica, è la volta del “Placito Feretrano”: esso è considerato per tradizione uno dei primi documenti attestanti l’indipendenza di San Marino.

Nelle intenzioni del regista sarebbero state realizzate anche delle “interviste” a personaggi storici, fatti rivivere utilizzando degli attori; essi avrebbero, ad esempio, vestito i panni del condottiero italiano Giuseppe Garibaldi e del Capitano Reggente sammarinese Domenico Maria Belzoppi: fu quest’ultimo a prendere a cuore le sorti dei legionari garibaldini inseguiti dagli austriaci fino ai confini di San Marino. «Io vengo tra voi come rifugiato: accoglietemi come tale», avrebbe dovuto pronunciare Garibaldi. «Ben venga il rifugiato: questa terra ospitale vi riceve», avrebbe quindi risposto Belzoppi. Il lato più originale sarebbe stato comunque quello delle interviste reali ad alcuni cittadini, sebbene con domande incentrate su temi preventivamente delineati nella sceneggiatura. Si sarebbe quindi offerto uno spaccato della Repubblica di fine anni Sessanta così operosa, moderna e culturalmente dinamica: uno sguardo alla Biennale d’Arte e un altro al Festival dei Popoli. Infine il regista avrebbe sottolineato la curiosa presenza nel mondo di «una San Marino senza Sammarinesi», come avrebbe definito lo stesso Folco Quilici la ridente cittadina californiana, nei pressi di Los Angeles, conosciuta come City of San Marino.

Simone Sperduto   

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