“Non fanno grandi danni perché la maggior parte vive la vita di una falena. Una sola notte. E quelle che durano di più non necessariamente sono le più brave o hanno un blog più interessante. È sicuramente una moda e come tutte le mode, specie nel mondo per appunto di moda, vengono seguite ed esaltate”… “A me personalmente però interessa sapere cosa dicono alcuni di loro per capire un altro punto di vista e non solo quello dei giornalisti: “so tutto io che sono qui da trent’anni!”
Continua: “Non avere dei preconcetti a volte aiuta a vedere quello che gli addetti ai lavori non vedono più”.
Scriveva così nel 2011 Carla Sozzani sul sito di Vogue a proposito del fenomeno dei fashion blogger. Un po’ di cose sono cambiate da ieri ad oggi. Queste righe provocatorie sono certamente un interessantissimo spunto di riflessione.
Tra i banchi all’università si parlava di Moda come di qualcosa che da sempre ROMPE un filo conduttore, un’interruzione. Abbiamo continui esempi di mode nell’abbigliamento, nel costume. E’ ingenuo pensare che la moda sia argomento leggero, è un fenomeno sociale che invade ogni ambito della nostra esistenza.
Tutto può essere “moda”. E qui il gioco si fà interessante. E’ sicuramente altalenante e non costante. E’ in contrapposizione a ciò che è tradizione. E’ in gran parte dettata dall’alto e decisa a tavolino e difficilmente se ne rimane fuori.
Una sarcastica e saccente Miranda Priestley, nella vita l’attrice Meryl Streep, direttrice della prestigiosa rivista Runway, deride Andy, nella vita Anne Hathaway in seguito a uno sconveniente commento:
“Oh, ma certo, ho capito: tu pensi che questo non abbia nulla a che vedere con te. Tu apri il tuo armadio e scegli, non lo so, quel maglioncino azzurro infeltrito per esempio, perché vuoi gridare al mondo che ti prendi troppo sul serio per curarti di cosa ti metti addosso, ma quello che non sai è che quel maglioncino non è semplicemente azzurro, non è turchese, non è lapis, è effettivamente ceruleo, e sei anche allegramente inconsapevole del fatto che nel 2002 Oscar de la Renta ha realizzato una collezione di gonne cerulee e poi è stato Yves Saint
Laurent se non sbaglio a proporre delle giacche militari color ceruleo. […] E poi il ceruleo è rapidamente comparso nelle collezioni di otto diversi stilisti. Dopodiché è arrivato a poco a poco nei grandi magazzini e alla fine si è infiltrato in qualche tragico angolo casual, dove tu evidentemente l’hai pescato nel cesto delle occasioni, tuttavia quell’azzurro rappresenta milioni di dollari e innumerevoli posti di lavoro, e siamo al limite del comico quando penso che tu sia convinta di aver fatto una scelta fuori delle proposte della moda quindi, in effetti, indossi un golfino che è stato selezionato per te dalle persone qui presenti… in mezzo a una pila di roba”. (Miranda)
Questo spaccato tratto dal film “Il diavolo veste Prada” geniale e celebre film del regista David Frankel prodotto nel 2006, in chiave sarcastica racconta sotto alcuni aspetti la “Trickle down theory”, teoria dello sgocciolamento delle tendenze verso il basso, in parole semplici.
Dunque un mondo dove ci sono figure che decidono cosa è moda e cosa no, cosa indossare, cosa è tendenza.
Bene, tutto questo, cosa centra con la figura del fashion blogger? E il fashion blogger chi è?
Vi dice qualcosa il nome Chiara Ferragni? Si tratta di una Cremonese classe 1987 che nell’ottobre 2009 ha aperto il suo blog dedicato alla moda e ha raggiunto in poco tempo risultati degni di nota: dopo tre anni registrava 120.000 visite al giorno per un totale di 850.000 visitatori unici al mese.
La ragazza guadagna 8 milioni di dollari all’anno, divertendosi con un hobby.
Ha la passione per la fotografia, per la moda ed è indiscutibilmente bella. Giorno dopo giorno si è guadagnata la stima e la notorietà che oggi difende nel fashion system dove ogni minuto spuntano fashion blogger di ogni genere, con i nomignoli più improbabili cavalcando il fenomeno.
Certamente la chiave del suo successo risiede oltre che nella passione, scontato, nell’aver anticipatamente letto una tendenza, un bisogno, un’opportunità che il mercato offriva, oltre naturalmente a impegno e dedizione.
Non vogliamo essere cosi ingenui da credere che lo faccia solo per passione, giusto? Che si sia ritrovata fresca di studi e con la testa imbottita di cultura con una macchina fotografica in mano e ben vestita a parlare di moda senza una motivazione consistente? Certi fenomeni nascono per gioco e si trasformano in business. Si tratta di captare cosa il mercato richiede, cosa cerca. Questa è sicuramente una grande qualità.
Ricapitoliamo. Qualche anno fà nasce questa nuova tendenza e cominciano a configurarsi personalità più o meno conosciute e seguite. Chiara Biasi, Nastilove, Alessia Milanese, Alessia Marcuzzi, Mariano di Vaio, (anche i maschietti non si risparmiano!). Naturalmente i nomi non sono solo Italiani, ma il podio sembra essere proprio nostro, di Chiara.
Un po’ scontato? Forse, d’altronde l’Italia ha parecchia voce in capitolo nel fashion system e su questo credo siamo tutti d’accordo. Come tutti i fenomeni modaioli diffusi anche nel web, l’epidemia si espande a macchia d’olio. La dichiarazione di apertura della Sozzani la dice lunga ed è del lontano 2011. Lontano si perché sono 4 anni che nel web e nel fashion valgono come secoli!
Perché la verità è che non è importante se piace o no, è sicuramente oggetto di analisi. Ogni moda, tendenza, va analizzata a monte per cercare di comprenderne la nascita, le motivazioni, il senso, i pro e i contro.
Io credo che da un lato sia interessante osservare che c’è una tendenza un po’ alla street style, dove chi “detta legge” , OGGI, può essere parte del popolo e non necessariamente in regia insieme agli intoccabili del sistema; dall’altro bisogna saper scremare ciò che è di sostanza e di qualità e dargli credibilità e sostegno.
Con una smorfia e un po’ di stupore faccio l’avvocato del diavolo e dico: “Quindi oggi abbiamo aziende, stilisti, imprenditori che dipendono da queste figure? Aziende che investono in attività di product placement, su fashion blogger perché facendo indossare i capi a loro vendono di più?”. La risposta è si. Io, commerciante, sono all’interno di questo meccanismo ogni giorno.
L’IMPORTANTE E’ CHE SI VENDA.
L’IMPORTANTE E’ CHE SE NE PARLI.
Abbiamo pertanto una democratizzazione in questo senso, con tutti i rischi del caso ovviamente, (fashion blogger appena spuntate che addirittura chiedono compensi per indossare e si comportano da star arrivate), il che, sommato alla tendenza del comunicare qualsiasi azione della propria vita privata e metterlo online sui social, crea una specie di bomba!
Da imprenditrice credo sia giusto sfruttare il fenomeno. E’ interessante ed è un’onda da cavalcare. Gli addetti ai lavori hanno indagato e metabolizzato la tendenza ed ora ci convivono e ne raccolgono i frutti. Il sistema e la società hanno fatto spazio a questi nuovi opinion leader e dato loro rilevanza sociale. A me personalmente non interessa giudicare il fenomeno. Lo assaporo da imprenditrice e cliente, con il quale necessariamente devo fare i conti. Non sono una grande follower, in questo senso, sono l’antitesi della fashion victim, non indosserei mai qualcosa solo perché è di moda. Posso non essere il “bersaglio” di quella comunicazione ma è importante che conosca il fenomeno per parlarne.
Svegliarsi al mattino e sbirciare sui social che Chiara Ferragni si è svegliata serena o magari fa colazione col cane indossando una canotta Intimissimi o che chiara Biasi è in gita da qualche parte nel mondo o scatta per qualche campagna pubblicitaria, svolta certamente la giornata, non credete anche voi??? Di sicuro a qualche migliaia di follower porta via diversi minuti di attenzione. Che dire, è un duro lavoro, ma qualcuno lo dovrà pur fare!!!
Giulia Castellani