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Cronaca di un innesto

Cronaca di un innesto

di Anna Chiara Macina

A me il termine innesto è sempre piaciuto moltissimo.

Ciascuno di noi è l’innesto di due persone: mamma e babbo.

Se guardo il vocabolario mi è restituita questa definizione:

In botanica, l’operazione consistente nell’inserire in una pianta (detta portainnesto ) una parte di un’altra pianta (detta nesto ) di specie o varietà diversa, allo scopo di ottenere un nuovo individuo; si effettua di solito per ottenere qualità più pregiate di frutti.

Nei rapporti si viene qualche volta a creare un innesto: input partono da uno vengono elaborati dall’altro e poi restituiti al mittente con un valore aggiunto. Nei rapporti speciali intendo, nell’incontro tra anime, che è cosa ben differente dal cicaleggio o dal restare in superficie.

Rapporti che hanno una cifra stilistica ben precisa: sono ad alto valore aggiunto.

Quando due persone si frequentano e portano a spasso la propria anima in quella dell’altro, danno vita a un innesto. Le prerogative, virtù, talenti, competenze, tic, nevrosi, difetti interagiscono, danzano tra loro, creano un osmosi, si vanno a depositare in qualche strato più o meno radicato dell’altro, che altro non è che mistero o secondo altra visione pura magia.

I vocaboli più utilizzati dall’uno cominciano a fare parte del lessico dell’altro, si viene a creare una sorta di “lessico familiare” che attiva immediate sinapsi nell’interlocutore di questo dialogo speciale, parole di uso comune diventano gemme preziose in grado di accendere una luce immediata, strappare un sorriso portare a una dimensione di intimità e comprensione molto forte, costituiscono spesso un sollievo e un balsamo per l’altro.

Parole del tutto comuni per gli altri si fanno speciali, catalizzatori di emozioni e ricordi condivisi, come briciole di pane lasciate lungo la strada per segnare la rotta di un percorso.

Lettere che diventano parole, poi frasi, poi narrazioni.

“Nulla ha un senso le cose accadono” eppure se mi volto indietro e cerco il big bang di un rapporto speciale posso trovare la scintilla iniziale che ha dato origine a tutto.

Non dovrei cercarla e non voglio mentalizzare ma sono spinta dalla curiosità, dal desiderio profondo del cuore di capire perché nascono i rapporti veri, ne cerco forse una ricetta alchemica da estrapolare e riutilizzare, perché con alcune persone anche dopo anni rimaniamo in superficie e con altre andiamo a costruire giorno dopo giorno come in un telaio una trama fitta di colori intrecci e fili che non si annodano mai, ma sono sempre forieri di creare qualcosa di sempre più bello? Perché da alcune persone si fugge e con altre si resta?

“Io sono il fratello di mezzo Chiara, mi hanno guardato poco”.

Una frase pronunciata un po’ in bilico, tra il serio e il faceto da una persona che avevo visto forse due volte, in un contesto che non ricordo bene mi sembra si parlasse in modo leggero e scherzoso della ferita dei figli primogeniti che per un po’ sono stati l’universo dei propri genitori e poi hanno dovuto dividere la “torta” con un fratello o sorella.

Io faccio sempre domande, un po’ per professione e un po’ per curiosità e ho rivolto questa alla mia stella speciale, la risposta mi ha centrata nel cuore.

La risposta che mi ha dato è arrivata in un posto ben preciso che riesco a vedere con chiarezza, nella parte più morbida di me, ha preso sottobraccio tutte le Chiara che sono stata: quella accogliente che quando ero piccola e ci mettevano a fare il riposino accarezzava la testa di suo cugino per facilitargli il sonno, quella che quando non si sentiva guardata e ascoltata dagli adulti si chiudeva sempre più in se stessa, quella che pur di farsi notare attingeva al serbatoio della stravaganza. Ne è nato un desiderio, atavico ancora prima che del cuore, delle viscere ancora prima che degli occhi: guardare con sincerità e attenzione questa persona.

E così è stato.

E così è.

Con molta circospezione all’inizio con molta sincerità e apertura ora.

Inizialmente con tante paure: io quando trovo un tesoro ho sempre paura di fare qualcosa di sbagliato e perderlo. Con un po’ più di fiducia ora: nulla ha un senso le cose accadono.

Torno alla domanda iniziale: cosa rende davvero speciale un rapporto?

L’incontro tra anime che si riconoscono e capiscono di potersi vicendevolmente dare qualcosa di utile a una progression, ma soprattutto, almeno nel mio caso, la scoperta di un delicato equilibrio fatto di polarità.

I flussi interagiscono e si delineano una serie di polarità che non si fanno la guerra, vanno a braccetto. Ogni partecipante alla polarità è l’estremo di una calamita che fa da risonanza all’altra.

Ecco le mie polarità:

-Voglia di guardare/paura di guardare

-Condividere troppo/condividere troppo poco

-Esporsi/nascondersi

-Dolcezza/ sono selvatica

-Paziente/impulsiva

-Riflessiva/vivo sempre di pancia

-Tutto bianco/tutto nero

-Attivissima/ cultrice dell’ozio

-Selezionatrice di cose serie/ amante dell’orpello

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