La conquista dell’Himalaya su una sedia a rotelle
Simona ha 42 anni ed è malata di Sclerosi Multipla primaria progressiva a evoluzione rapida, malattia che l’ha costretta su una sedia a rotelle, ma che non l’ha piegata e non l’ha sconfitta: al contrario ha fatto nascere in lei una nuova determinazione che, dopo un inizio difficile, l’ha portata a reagire e perfino a ricominciare a viaggiare.
Prima di ammalarsi, Simona lavorava come tour leader, inarrestabile e sempre in movimento. Poi arriva la mazzata: non ci sono cure. Ma invece di restare a casa a piangere, grazie ad una campagna di crowfounding e con l’aiuto di CittadinanzAttiva riesce a trovare una serie di sponsor che le permettono di organizzare un viaggio di 4 mesi in India, dal Kerala fino ad Almora, la città ai piedi dell’Himalaya. Tre diverse assistenti e alcune amiche si alterneranno per accompagnarla.
La malattia mi ha spinto a rivedere le mie priorità, a cambiare prospettiva, anche a chiedere aiuto a persone che non conosco. Vorrei scrivere una serie di guide di viaggio per le persone che hanno le mie stesse difficoltà: a volte non è solo a causa della disabilità che non si viaggia, ma per paura o per carenza di informazioni” spiega.
Il lungo viaggio di Simona inizia, così, in una clinica ayurvedica di Varkala, in Kerala, dove rimarrà per 45 giorni per massaggi, impacchi curativi, cibo salutare e relax. Comincia il suo diario, inviaggioconsimona.org, per permettere ai suoi finanziatori di continuare a seguirla. Varkala è una città balneare nel sud dell’India, arroccata su uno strapiombo sul mare con un’accessibilità molto limitata e difficilmente percorribile in carrozzina, ma il suo motorino Triride le consente di muoversi in grande autonomia.
Dopo il centro ayurvedico, Simona affronta un viaggio di 17 ore per raggiungere il centro gestito da Opera Don Guanella, a Bangalore, la città della modernità tecnologica. Qui conosce diverse famiglie che vivono negli “slum”, gli assembramenti di baracche, che la invitano ad andarli a trovare e scopre i “nuovi” intoccabili: arrivano dalla campagna, contadini senza terra che si ritrovano a pulire le strade dagli escrementi degli animali per 4 rupie all’ora.
La tappa successiva è Agra, dove vorrebbe visitare il Taj Mahal, ma viene bloccata da un poliziotto che le intima di continuare a piedi!
Varanasi, invece, “è un pugno nello stomaco”, dice Simona, che racconta di migliaia di pellegrini che dall’alba compiono il cammino di discesa dei ghat, le scalinate che portano al fiume, per immergersi nelle acque sacre del Gange. Grazie alla sua sedia a rotelle compatta e molto leggera riesce a salire su una barca a remi e guardare in lontananza i fumi neri dei corpi che bruciano: i rituali di cremazione non si fermano mai, è un rito eterno, che si ripete ininterrottamente ogni giorno da secoli.
Da Nuova Delhi, atterra a Kathmandu, una delle città con il più alto livello di inquinamento del pianeta: l’aria è irrespirabile e tutti indossano la mascherina. Ma non ha importanza, perché la sua sfida è ormai vinta, Nagarkot (cittadina a circa 2000 mt di altezza) l’aspetta e anche se la foschia impedisce gran parte della visuale, ha raggiunto il suo traguardo, in sedia a rotelle fino all’Himalaya.
La scelta più difficile
Dopo un’ultima tappa a Bali, Simona torna in Italia dove ha appuntamento con i medici del San Raffaele di Milano che le propongono due nuovissime cure, con qualche speranza e moltissimi rischi. Il suo è un male incurabile e la tipologia che la affligge è particolarmente veloce nella degenerazione; durante il suo lungo viaggio è peggiorata, ma accettare le cure per lei significherebbe fermarsi per due anni e mezzo e non poter più viaggiare. Prende tempo per riflettere, nel frattempo parte il treno che la porta al mare.
Fonte: repubblica.it