“Se mai ci sarà un domani in cui non saremo insieme, c’è qualcosa che devi sempre ricordare. Sei più coraggioso di quanto credi, più forte di quanto sembri e più intelligente di quanto pensi…” (Winnie The Pooh)
Il mio respiro io lo visualizzo come una lunghissima e sinuosa anaconda che muta la sua danza ed incede a seconda del ritmo e battito del mio cuore e delle mie emozioni.
Un’anaconda viola come il colore della lavanda che da sempre calma il mio respiro e della spiritualità, cercata sentita o anche solo immaginata.
Diventa più rapido e superficiale quando l’ansia sale e più lento e profondo nei momenti in cui mi rilasso
Ad ogni tipo di respirazione corrisponde un’emozione o una serie di emozioni specifiche ad esempio quando “sospiriamo” normalmente esprimiamo tristezza o malinconia, quando “ansimiamo” ansia o eccitazione, quando “sbuffiamo” irritazione , lo “sbadiglio” esprime normalmente noia e stanchezza, il ‘soffocamento’ indica una sensazione di angoscia, la mancanza o la “crisi d’ aria” è un sintomo di paura o di sorpresa, una manifestazione di ‘tosse nervosa’ esprime rifiuto.
Il respiro e l’emozione ballano allo stesso ritmo:
fiato corto e affannoso per la rabbia
lungo e goduto nella serenità
travolgente nell’amplesso
un po’ altalenante guardando negli occhi l’amore
incerto nella paura
Respiri lunghi intensi e goduti: l’augurio più bello che io posso fare a me stessa, come quando medito e riporto il mio cuore a casa e terminata quest’attività i miei pensieri sono di nuovo leggeri, lucidi e chiari, la mia mente più libera non più attraversata da quelle ombre e paure anticipatorie che ogni tanto mi spaventano.
La meditazione nasce proprio per allenare la nostra mente a goderci il momento presente, l’unico momento in cui viviamo veramente.
Il passato è infatti già accaduto ed il futuro deve ancora venire. La filosofia buddista insegna che la felicità può essere raggiunta solo quando rimaniamo con la nostra mente nel qui ed ora, quando non rimuginiamo sul passato e non ci preoccupiamo sul futuro.
E’ respirando a pieni polmoni e poi piangendo a dirotto per manifestarlo che annunciamo l’entrata in scena nella vita, l’ultimo respiro segna la nostra dipartita.
Tra quella prima inspirazione e l’ultima espirazione ci sono un’infinità di cicli di respiro.
La mia amica ansia mi ha sempre parlato tanto, a volte mi è stata anche utile, quando mi ha spronata a studiare anche le didascalie dei libri d’esame per evitare brutte sorprese, limitare il campo delle domande improbabili che avrei potuto ricevere, molto più di frequente mi ha appesantito spalle e cuore, come fosse un peso, una zavorra, un’entità fastidiosa e molesta che mi ha impedito di volare, prendere decisioni di petto e coraggiose.
Identifico l’ansia con il rimuginare sulle cose, come lo sviscerare qualsiasi piega e sfumatura gli eventi possano prendere prima del loro inizio stesso e di conseguenza vanificandone ogni effetto, ogni sviluppo, ogni possibile prospettiva.
Qualche tempo fa ho letto che il miglior modo per tenere a bada l’ansia e non farsi sovrastare è parlarle come fosse una vecchia amica e chiederle “Perché sei venuta da me? Cosa mi vuoi dire? Di che cosa hai bisogno?”
Io ho provato a farlo, l’ho ascoltata, le ho parlato e ho capito che altro non è che paura per eventi che non posso controllare, collocati in uno spazio che ancora non esiste chiamato futuro o che non mi appartiene più il passato.
E’ da un po’ di tempo che la mia ansia non mi parla più, dopo avermi in gioventù profetizzato eventi apocalittici di ogni sorta “Il signore in treno davanti a me non è che è uno psicopatico e tra poco si fa esplodere? La mia casa sarà ancora in piedi stasera o non la troverò più?” . E’ diventata silenziosa tutto all’improvviso, da quando ho cominciato a godere un po’ più del presente , da quando ho realizzato che la sola persona alla quale delegare la mia felicità sono io, e soprattutto che non esiste giorno migliore di quello in cui lasci andare le cose che non puoi cambiare.