Il sale rosa dell’Himalaya tra mito e realtà
Gli scaffali dedicati al sale da cucina dei supermercati, negli ultimi anni si sono arricchiti di nuovi prodotti che vanno dal Sale Blu di Persia al Sale Rosa dell’Himalaya, sale da tavola con caratteristiche nutrizionali e di purezza diverse rispetto a quello comune.
In realtà, il sale Rosa dell’Himalaya, come gli altri prodotti simili, a parte appunto il colore rosa, non ha nulla di speciale rispetto al comune sale da tavola: lo scopo dei produttori e dei diversi articoli pubblicitari che si possono trovare on line, che ne decantano le qualità, è finalizzato esclusivamente ad un prezzo di vendita più alto.
Il sale alimentare per essere commercializzato deve contenere, per legge, almeno il 97% di cloruro di sodio. In altre parole deve essere quasi puro. Ma sapete da dove proviene e come si produce il salgemma?
Per magnificare le qualità del sale rosa dell’Himalaya ci si racconta che provenga dai depositi fossili di un mare incontaminato prosciugatosi milioni di anni fa, mentre si crede che il comune sale marino bianco provenga dai mari inquinati, quindi pure lui è inquinato.
In realtà, ogni miniera di sale esistente al mondo sfrutta depositi fossili di mari incontaminati prosciugatisi milioni di anni fa, come quello che viene estratto in Italia, a Petralia, in Sicilia: cloruro di sodio purissimo.
Il procedimento di produzione all’interno delle saline (un impianto solare a cielo aperto di raffinazione) avviene con la raffinazione e la purificazione del cloruro di sodio, attraverso l’evaporazione dell’acqua; l’acqua rimasta, contenente sostanze amare e altri sedimenti, viene gettata e resta solo il cloruro di sodio cristallizzato puro al 97%. Inoltre, il salgemma è naturalmente bianco: non subisce lavaggio finale per essere sbiancato e non vengono aggiunte sostanze antiagglomeranti.
Potete quindi tranquillamente utilizzare il sale comune: bianco, naturale, puro ed economico.
Fonte: ilpost.it