Posso sempre chiedermi di volare separatamente dalla identità di certe vedute.
Ma posso anche portar con me, attorcigliata alla caviglia, la riconoscibilità.
Il verde è un magnete.
C’è una resistenza a che me ne appropri con profondità.
Avvertendo di non poter fare di più, ne rattoppo i confini con del bianco,facile a flettersi, e restandomene un poco, avvolgo parte della circonferenza -scoperta su di me- di questa materia.
Se ricordo di esser grande, proietto un nuvolone attorno alla mia figura.
No.
Non ne sento confortante bisogno, però.
Come fare a non approfittare del tocco grumoso e croccante di grigio della pietra scomposta?
Preoccuparsi di qualcosa di preciso e limitante per forza?
Non devi chiedermi perché mi riconosco nel gancio che ho deciso io, su di me.
Forse, posso volarci più lontano.