Patito un raggiro ben congeniato, conseguito in una condanna per la parola di un “gentiluomo” con quattro pagine di precedenti per truffe e violenze carnali, con la carriera rovinata e vittima di un violento mobbing sul lavoro, mi trovavo nell’unico posto in cui si finisce in situazioni simili: a terra!
Tre anni e tre mesi or sono, quindi, vendetti la mia Audi super-accessoriata, comprai un furgone per nulla accessoriato, misi in banca il denaro per pagare le rate del mutuo, incassai la comprensione, straordinaria e disarmante, di mia moglie e partii per il mar Egeo.
Con Ettore, il mio cane.
Uscimmo da San Marino per la porta di Dogana, lasciammo l’Italia a Gorizia, tagliammo i Balcani attraverso Zagabria, Spalato e Belgrado e dormimmo, per la prima volta in trenta ore, nella zona mussulmana di Skopje, in Macedonia.
La notte, svegliati da gente randagia e cani nomadi, riprendemmo il viaggio in direzione sud, lasciando Salonicco alla nostra sinistra e giungendo al porto del Pireo in un infernale pomeriggio di fine giugno, non prima d’aver attraversato il delirio stradale della metropoli ateniese.
Salimmo sul ponte medio del traghetto, dopo aver imbarcato il furgone e attendemmo la notte per cercare di imbucarci nelle cuccette; fummo malamente respinti e redarguiti. Mi venne detto che sul ponte superiore avrei potuto legare il cane per poi tornare sotto a dormire, ma io ed Ettore preferimmo sistemarci insieme su una sedia legata al pulpito di poppa.
Arrivammo nella nostra isola, per le strade della quale io e mia moglie avevamo trovato Ettore due anni prima, senza energie e con tanto bisogno di riposo; la casa che avevamo già pagato, affittata su consiglio giuntomi per e-mail da Sokratis, ristoratore di Afiartis, non aveva scuri alle finestre e nemmeno vetri, non aveva acqua corrente, il bagno era un cunicolo e, fatto più unico che raro, mancava della porta d’ingresso. L’avevo pagata solo cinquecento euro per due mesi, ma non valeva nemmeno quella cifra.
Andai a restituire le chiavi, di una porta che non c’era, protestai con la proprietaria della casa ed iniziai con lei una faida che tuttora si sta trascinando e che, probabilmente, terminerà con l’esaurirsi dei nostri discendenti.
Io ed Ettore prendemmo a vivere allo stato brado, dormendo nel furgone e lavandoci nelle fontane, nei centri sportivi o a casa di qualcuno dei miei molti amici sull’isola. Come unica concessione, mangiavamo nei piccoli ristoranti dei pescatori di Finiki.
Il 25 giugno, mattina, armai la mia Neilpryde Combat 4.5 sulla tavola wave JP da 76 litri e cominciai la mia serie record di giorni consecutivi di windsurf, che non credo verrà presto battuta.
Il meltemi del Dodecaneso mi offrì una delle sue stagioni più belle: soffiò ininterrottamente per tutta l’estate, ben oltre la propria naturale scadenza dei primi di agosto.
Ogni mattina lasciavo Ettore a socializzare nelle sicure sabbie del Club Mistral di Gun Bay, mentre io navigavo i venti più impetuosi di tutto il Mediterraneo.
Al pomeriggio ci spostavamo ad Agrilaopotamos, meglio conosciuto come Luv Spot, dove armavo mezzo metro di vela in più e surfavo le onde al largo, con Ettore che mi aspettava nel giaciglio approntato nel furgone aperto, all’ombra e ben aerato.
A metà luglio io ed il mio cane, ormai divenuto una parte di me, scegliemmo di civilizzarci in vista dell’arrivo sull’isola di mia moglie, stabilendoci nella pensione dell’amica Anna, ad Arkasa, a pochi chilometri dagli spot.
Mia moglie si fermò per tre settimane, durante le quali una cucciolata bisognosa fu ritrovata a Pigadia, la principale città dell’isola: la piccola Sofia si aggiunse alla nostra famigliola, mentre Apella, una sua sorellina, fu adottata da Alessia e da suo marito Giangi, veterinario di Villa e mio caro amico.
Tutti i cuccioli trovarono famiglia, raggiungendo i più disparati angoli d’Europa.
Nel frattempo, io continuavo la mia serie di giornate consecutive di windsurf; magari anche solo un’ora al giorno, ma senza mai saltarne una.
In un periodo in cui Ettore dimostrava una certa impudenza adolescenziale, giungendo quasi a mordere una bimba che lo rincorreva, arrivò l’occasione per il riscatto: la piccola Apella era dispersa da ore e nessuno sapeva dove cercarla! Ettore, ormai bandito dal Club Anemos, dove molti bimbi giocavano rumorosamente, prese in mano la situazione e, dopo aver scandagliato la vegetazione per ore, tornò vittoriosamente con la cucciola al proprio fianco! Ricevette i complimenti e fu riammesso nel gruppo, azzuffandosi pochi minuti dopo col suo nemico giurato Powder e finendo con l’essere nuovamente espulso.
Mia moglie e Sofia volarono via alla fine della prima settimana di agosto; io ed Ettore rimanemmo ad Arkasa, perché ormai eravamo troppo imborghesiti per rinunciare ai letti soffici ed al bagno in camera. A dire il vero, Ettore non usava né letto né bagno, ma sembrava soddisfatto del mio gradimento.
Un giorno di settembre, ci rendemmo conto che quella di Kamarakia, nella parte est dell’isola, dove sfruttavo il vento che aveva cominciato a soffiare più da nord, sarebbe stata la mia ultima uscita per mare di quell’avventura e sarebbe stato anche il nostro ultimo giorno sull’isola.
Fu la mia settantatreesima giornata di windsurf consecutiva!
Dal traghetto salutammo l’isola che, ho dimenticato finora di dire, si chiama Karpathos.
Arrivai a San Marino imbiondito e, per la prima volta da quindici anni, con un peso non superiore agli ottanta chili.
La mia lunga avventura windsurfistica non aggiustò le cose; persi l’appello e venni punito in maniera spropositata per un reato non commesso; i tentativi di provocare il mio licenziamento si fecero più invasivi e, ai miei problemi, si aggiunsero gli scriteriati conti degli avvocati.
Nelle notti in cui non riuscivo a dormire, in quei periodi colmi di pensieri grigi, però, se non bastava la mano nella mano di mia moglie a rasserenarmi, Ettore entrava in camera nostra piazzandosi al mio fianco, andandosene solo una volta sentita la calma nel mio respiro.
A te, piccolo amico color del miele, per quel poco che possa valere, questo barbuto uomo di mare dedica il proprio record di settantatré giorni consecutivi di windsurf: e ti ringrazia per tutto quel che hai fatto e che seguiti a fare per lui!