Sono tre gli sportivi venerati come autentiche divinità dal romantico e caldo popolo argentino: Diego Armando Maradona, calciatore, unico ancora in vita di questo ristretto club, Juan Manuel Fangio, leggendario pilota automobilistico e, infine, quello che a noi più interessa, il pugile Carlos Monzon, uno dei più grandi pesi medi della storia.
Nato il 7 agosto del 1942 da famiglia di modeste origini, Carlos lasciò gli studi a soli dieci anni, da subito affrontando con precocità la vita lavorativa e la disciplina del pugilato. Presto, nella provincia di Santa Fe, si cominciò a parlare dei combattimenti di questo giovanissimo e longilineo fighter animato da una spietatezza che lasciava esterrefatti gli spettatori.
Una vita che fin dal principio fu durissima, non poté non imprimere un marchio di rudezza al carattere del grande Monzon, del quale si può dir tutto ma non certo che fosse una persona gioviale e simpatica. A Carlos non mancava nulla tra le corde: aveva agilità, potenza, velocità, tecnica e freddezza. Non guastava di certo, al suo personaggio, l’essere di bell’aspetto. In un certo senso, la sua antipatia ne accresceva il fascino che colpiva le donne più belle del mondo e non lasciava indifferenti nemmeno gli uomini, se è vero che uno dei più grandi idoli di sempre per il genere femminile, Alain Delon, nutriva per Monzon una sorta di ossessione competitiva ed imitativa.
Conclusa nel 1962, con una vittoria su Bienvenido Cejas, una grande carriera da dilettante, il ventenne Escopeta, chiamato così per il taglio particolare dei suoi capelli da indio, irruppe nel professionismo col piglio del campione. Dei primi ventidue incontri ne perse solo tre, peccando in quegli isolati casi di inesperienza. Nel 1967 esordì davanti alla folla del leggendario Luna Park di Buenos Aires in un incontro finito in parità contro Bennie Briscoe. Dopo le prestigiose vittorie contro Douglas Hountley e Thommy Bethea e la conquista del Titolo Sudamericano dei Medi, ottenuto nel 1969, Monzon ebbe la grande chance mondiale contro il nostro Nino Benvenuti. Il 7 novembre del 1970, Escopeta venne a Roma a conquistarsi un titolo mondiale guadagnato con un destro terrificante alla dodicesima ripresa ma che, in tutta onestà, non era mai stato in discussione, dato il totale dominio dell’argentino.
La rivincita di Montecarlo del maggio successivo non fece che dare ulteriori conferme della superiorità di Monzon, che spedì al tappeto il pugile triestino in sole tre riprese. Iniziava così uno dei più lunghi regni di sempre sui pesi medi, la categoria storicamente più difficile del pugilato. Carlos Escopeta Monzon difese la propria cintura da ben quattordici assalti.
Tra questi campioni di massima grandezza come Matequilla Jose Napoles ed Emile Griffith! Con le due vittoriose difese consecutive contro Rodrigo Valdes, il 30 luglio del 1977, quindi esattamente trentanove anni or sono, si concluse l’impareggiabile carriera di Monzon. Come spesso accade, avere tutto dalla vita, ricchezza, fascino e fama, non si traduce in garanzia di felicità.
Condannato per aver ucciso, gettandola dalla finestra, la seconda moglie e madre di suo figlio, Carlos Monzon trovò la morte rientrando in carcere da un permesso, nel gennaio del 1995, a cinquantadue anni d’età. Con quella tragica fatalità, purtroppo abbastanza comune nelle lunghe e rettilinee strade del paese sudamericano, si spense la vita del carismatico campionissimo di Santa Fe, non prima di aver dato vita all’infinito ardere della sua immortale leggenda.