La città di Piatra Neamt, nel nord-est della Romania, offre scorci alberati a perdita d’occhio.
Un verde intenso che è interrotto solo dalle alte ciminiere che incidono il profilo delle vallate.
Le poche speranze di impiego degli abitanti di questa storica cittadina sono legate alle fabbriche da cui partono quelle ciminiere.
Chi non ha fortuna, chi non ha amicizie, deve dare un bacio in fronte ai propri cari e partire per l’Europa occidentale, per la Francia, la Germania, l’Inghilterra, la Spagna o l’Italia.
Roberto e la sorellina vivevano coi nonni da oltre due anni, quando ricevettero la lettera per il ricongiungimento coi loro genitori, che durante quell’intervallo di tempo si erano trasferiti a San Marino per lavorare come operai.
Giunto alle pendici del Titano, tredicenne in un paese di difficile socialità, ancora privo di padronanza della lingua italiana, Roberto si fece le prime amicizie al Phisicol, la palestra di Borgo, che aveva cominciato a frequentare per imparare il Savate, l’arte marziale francese; un percorso imboccato dopo aver dovuto scegliere tra i propri sport d’infanzia, il calcio, a lungo praticato in Romania, ed il karate.
Nel 2011, circa cinque anni fa, Roberto decise di mettersi in gioco compiendo quel salto di qualità che, negli sport da combattimento, necessita sempre il coraggio in misura doppia: fece un lungo sospiro ed entrò nella palestra di Valerio Cecchetti, per capire se la kick-boxing fosse fatta per lui.
La sera in cui scrivo questo articolo, mentre sorseggio con Valerio una birra all’Insolito Posto, la pizzeria di Serravalle dove Roberto lavora, approfitto per fargli un paio di domande e vedendo lo scintillio negli occhi del Maestro mentre parla del suo allievo migliore.
“La capacità di sacrificio del campione” – mi dice – “è tutta sua! Io gli ho insegnato il resto, ma non sarebbe di certo bastato”.
Valerio è un ex atleta di Muay Thai, tra i primi della regione a capire le potenzialità del K-1, il regolamento creato da una società giapponese che permette a combattenti provenienti da diverse discipline di confrontarsi in un unico, grande circo planetario.
Gli chiedo dove potrebbe arrivare con Roberto. Lui mi risponde quasi sommessamente, perché certe cose è meglio dirle sottovoce: “A me piacerebbe portarlo a combattere per il mondiale!”
Poi, quasi per scongiurare gli effetti della poca scaramanzia, aggiunge saggiamente: “Con calma ed attenzione, però… Perché i fighter di soldi non ne prendono e la salute viene sempre prima di tutto”.
Oltre a Valerio, Gheorghita può contare sugli insegnamenti pugilistici di Rico Maestri, storico dirigente tecnico della palestra Valconca e sul supporto di Luca Cervellini.
In questi cinque anni Roberto ha fatto balzi da gigante e ad una velocità sorprendente!
Ha combattuto 33 incontri, vincendone 24.
Da quando è passato professionista ne ha vinti 13 e ne ha persi solamente 3.
Ha scalato le classifiche giungendo ai vertici italiani, battendo atleti di livello europeo, imponendosi all’attenzione degli enti che organizzano le più importanti riunioni.
Al nome ed al cognome, ha voluto aggiungere il proprio pegno d’amore per la Terra che lo ha adottato ed ora, nei cartelli che annunciano i grandi eventi per l’Italia, campeggiano i suoi occhi azzurri, la sua guardia ortodossa ed il suo completo nome di battaglia: Roberto Titano Gheorghita!
A San Marino, Roberto ha concluso gli studi conseguendo la qualifica di manutentore meccanico, si è innamorato ed ora convive con Denise, una bella ragazza sammarinese.
Roberto si allena con costanza, anche due volte al giorno, tiene un regime alimentare adeguato a chi debba fermare la bilancia sui 65 chili, non fuma e non beve.
Dopo aver salutato Valerio, vado da Roby, che organizza le spedizioni da dietro il bancone.
Gli chiedo, per concludere il racconto sulla sua carriera, quale sia il suo sogno.
Indaffarato, riesce a rispondere senza troppi indugi, segno che le idee le ha ben chiare in testa: “Vorrei vivere di kick-boxing!”
I sacrifici sono tanti, i rischi anche: come riescano questi ragazzi ad allenarsi da professionisti e lavorare o studiare allo stesso tempo, solo Dio lo sa.
Un incontro di prima fascia, con l’arena piena di pubblico pagante, garantisce ad un combattente quello che ragazzini di terza categoria calcistica molto spesso guadagnano per giocare in campi vuoti e senza che vi sia il minimo interesse intorno, grazie agli oboli che l’UEFA allunga alle federazioni locali.
Questo, però, è un mio spunto polemico che poco si accorda con lo spirito di Roberto, il quale non si lamenta, anche se la vita è dura.
Gli chiedo, per concludere, se deve ringraziare qualcuno per essere arrivato ad essere un grande atleta ed un ragazzo perbene.
Questa volta i dubbi sono ancora meno: “I miei genitori, che per me e mia sorella hanno sacrificato tantissimo!”
I signori Gheorghita vivono da 13 anni a San Marino; Roberto ha dato, e son certo continuerà a dare, grande lustro allo sport sammarinese, in una piccola nazione che di certo non vive una storia di grandi riconoscimenti.
Tutta la famiglia vive in Repubblica con permessi di soggiorno legati al lavoro; mi auguro che la loro posizione venga rivista e che sia concessa, a breve, la meritata residenza nel nostro Paese.
Roberto Gheorghita è un ragazzo romeno la cui esistenza ormai si dipana all’ombra dei colori biancazzurri.
I colori di una bandiera che, con grande merito, egli porta a trionfare nei palazzetti di tutta Italia; non senza strizzare un occhio al mondo, il quale lo attende facendo fremere gli appassionati sportivi della nostra piccola nazione.