A prima vista può sembrare che architettura e moda non abbiano nulla in comune.
La prima così seria ed istituzionale, un po’ ingessata, la seconda cosi frivola e ”leggera”.
Una leggerezza che nel mercato Italiano produce qualche milione di euro in termini di fatturato. Quisquilie!
L’una senza tempo, capace di rendersi attuale attraverso decenni e l’altra in continua trasformazione.
E invece? Talvolta sono talmente legate da avere oggi l’una bisogno dell’altra più di quanto ci si immagini.
La moda non sarà mica una roba seria??? Ahimè si!
Le sfumature sono infinite in questa unione e passano attraverso la trasformazione, degli ultimi decenni, del concetto di shopping.
Gioca un ruolo fondamentale l’emozionalità che ci coinvolge oggi sempre più, durante l’atto dei nostri acquisti.
Non acquistiamo quasi mai per vera necessità, ma per emozione, per soddisfare il nostro piacere, per farci o fare un regalo.
È differente comprare lasciandoci coinvolgere e facendoci coccolare, magari con il consiglio e la compagnia di qualcuno o in solitudine magari girovagando all’interno di una catena di abbigliamento ad esempio?
Certamente.
Tutto ciò che abbiamo intorno all’interno di un luogo commerciale o di shopping ha una precisa logica espositiva. Nulla è lasciato al caso.
Oggi, leitmotiv: emozionare e creare un bisogno.
Ciò che si annida nella nostra sfera emozionale, sia esso un prodotto, una pubblicità, un capo d’abbigliamento, un servizio, difficilmente rimarrà inespresso.
E allora il via a tutte quelle che sono le armi che il brand possiede, che servono per emergere.
Esperti del settore studiano come far “riconoscere” fondamentale un prodotto piuttosto che un altro: “perché scegliere una bag Vuitton anziché una Prada?”.
Lavoriamo di Marketing aspirazionale.
Ci sono “fashion victim” che potrebbero intrattenerci ore raccontandoci le differenze di due bag apparentemente identiche ma di aziende diverse.
Se il marchio fa un buon lavoro, la cliente aspirerà a far parte del mondo del brand.
Come mi comunico?
Ecco, sull’analisi della comunicazione ci si può davvero divertire e potremmo parlarne per ore, ma in queste righe ho scelto di concentrami sull’aspetto del contesto, in particolar modo sulla costruzione e sulle logiche che danno vita alla location che ospita il “prodotto moda”.
Ad esempio, in uno dei tre templi di Prada, costruito nel 2000 nel Guggenheim Museum SoHo di Broadway a NY per mano dell’architetto Rem Koolhaas, si vendono prodotti?
Non proprio, o meglio, non solo.
Estrapoliamo in questo caso 3 parole chiave:
– Archistar
– Epicenter
– Prada
Diamogli una definizione:
Epicenter
Epicentro, in Italiano, la cui definizione del Corriere recita: ”Punto in cui qualcosa si presenta nella forma più forte, da cui qualcosa si propaga”
Archistar: nell’ambiente, la parola la si può tradurre come “Architetto di fama mondiale” , una star dell’architettura in sostanza.
Prada: noto brand del lusso made in Italy, tra l’altro una delle rarissime realtà Itaiane rimaste nelle mani del proprio creatore.
In questo caso, Miuccia Prada, che ha le redini dell’azienda dal 1978.
Un passo indietro.
In soldoni, abbiamo il mondo moda, con lo stilista del caso che continuamente rispolvera e reinterpreta a seconda della sua sensibilità e creatività una collezione, una tendenza e crea il cosidetto lifestyle e dall’altra, un tecnico, dalla personalità più o meno artistica che progetta uno spazio funzionale ed efficace per esprimere quel lifestyle e comunicare un prodotto.
Ecco, evidentemente, questo percorso è abbastanza diverso da:” progettare uno scaffale per esporre accessori, prodotti o abiti.”
“Lifestyle”, nel fashion system credo sia un termine inflazionato, un tantino “sfuggito di mano” , io amo dire. (Un po’ come la moda del risvolto ai pantaloni).
L’utente medio credo percepisca che sia qualcosa di “figo” ma non credo ne colga pienamente il vero significato. Un po’ tutto e un po’ niente insomma.
Possiamo definirlo come stile di vita o meglio ancora, un modo di essere.
Lo trovo più pertinente.
Ma torniamo a noi.
Potrei riassumere dicendo: Prada Epicenter è stato progettato per rappresentare attraverso tutti i cinque sensi, il mondo Prada.
Tecnicamente lo spazio è un capolavoro architettonico.
Grandi metrature, 2100 Mq di legno e metallo, uno spazio polifunzionale che ospita anche un teatro progettato per occasioni ed eventi speciali.
Un nucleo espositivo che veicola tutti insieme i valori del Brand.
E tutta questa poesia in fondo a cosa serve?
A vendere prodotto? Non proprio.
Piuttosto direi a rafforzare nell’utente l’immagine del marchio, a far assaporare un po’ di quell’atmosfera Prada.
La scalinata, che svolge un ruolo di esposizione, durante occasioni speciali si trasforma in seduta e lo spazio circostante in teatro.
Tutto ciò rafforza il concetto che oggi il rito dello shopping non è un gioco, che servono argomenti e poesia per catturare l’utente e trasformare un “customer” in un “client”.
Lo spazio in ogni angolo sembra “urlare”: “Quanto è stupefacente questa location?”
A sufficienza per conquistare.
Qui parte l’incessante susseguirsi di emozioni nell’utente e la sua conquista.
Naturalmente è gradito l’acquisto, ma non indispensabile.
(Il brand nel frattempo starà vendendo migliaia di profumi o gadgets da Harrods, da Selfridges o in una qualche Rinascente in giro per l’Italia).
Intanto è stato messo un seme. Stiamo costruendo la notorietà di brand.
E dietro questo trionfo architettonico e di design chi c’è?
Dietro il progetto e l’arredo?
Un tecnico progettista?
No, qualcosa di più. C’è un Archistar.
Quando si creano questi rapporti speciali: stilista-Architetto si avvia spesso un cammino di creatività che come scopo ha quello di esaltare le rispettive figure professionali e si legano spesso in unioni durature e proficue.
A mio parere ci sono diversi aspetti che legano queste 2 anime apparentemente differenti.
Entrambi mostrano la loro arte attraverso un linguaggio proprio, ma che trova complicità reciproca.
L’ego di entrambi verrà accontentato e l’osservatore sarà catturato dallo spazio quanto dal prodotto, perché sono li, in mostra, funzionali l’uno all’altro.
La moda, ma soprattutto il lusso, oggi ha bisogno anche di questo: uno spazio dove “mostrarsi” in tutto il suo splendore.
Il Brand oggi è emozione, esperienza, non solo prodotto.
Le due figure professionali si affiancano e si “legittimano”.
Diversi sono gli esempi in questo senso che potrei citare:
Herzog & De Meuron con Prada
Fuksas con Armani
Gordon Kipping, Frank Gehry con Issey Miyake
E tanti altri.
Il fatto che gli architetti o i designer si inseriscano sempre più tra le sacre mura dei Luxury Brand è un interessantissimo spunto di riflessione e in qualche maniera giustifica quanto queste 2 figure possano essere legate in profondità.
C’è un senso di utilità per un fine comune che li lega. Far parlare di sé.
Un gradino ancora più in profondità abbiamo interessanti Co-Brading come ad esempio, Renzo Piano e Max Mara, insieme per la realizzazione di una borsa:
la “Max Mara Whitney Bag design by Renzo Piano Building Workshop”.
Qui il processo creativo dei 2 protagonisti, è parte integrante del Brand, Max Mara in questo caso.
Ma questo è ancora un altro argomento, lo rimandiamo alla prossima puntata.
Fatto questo viaggio all’interno del tempio di Prada a NY possiamo aprire qualche riflessione su come sta cambiando l’esperienza di consumo,
su quanto oggi sia importante comunicare in maniera alternativa e soffermarci a pensare che evidentemente entrare in questo bizzarro mondo fashion risulta molto appetibile e stimolante anche per figure apparentemente “estranee”.
Aggiungo, con un sorriso un po’ velenoso che forse oggi è diventato indispensabile per vendere una bag, una scarpa o un abito creare un po’ di teatro, non credete? Chissà.
La risposta la lascio a voi.
Voi non vi chiedete mai perché dover scegliere un prodotto anziché un altro?
“Dai, mondo Prada dammi una motivazione, un perché.”
Probabilmente l’aspetto che interessa, il vero focus risulta essere il ventaglio di attività e sfaccettature che può avere l’esperienza dello shopping più che soffermarsi sul cambiamento delle tendenze
la moda è qlcs che continuamente si trasforma e si plasma in qlcsaltro.
L’ispirazione può venire da un bacino artistico culturale del passato come da una tendenza street style interpretata da un sobborgo di una grande metropoli.
La differenza la fa non acquistare un oggetto o un accessorio di lusso
Ma il modo con il quale lo si fa.
Giulia Castellani