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L’Ultima parola: la vera storia di Dalton Trumbo

Il calvario di un uomo e del suo essere uomo 

C’era una volta, in quel di Roma, una Cenerentola poco convenzionale, che dagli anni ’50 divenne desiderio d’ogni uomo e icona di tutte le donne: questa Cenerentola si chiamava Audrey Hepburn. Nel 1953, al fianco di Gregory Peck, fu protagonista di “Vacanze Romane”, film che la lanciò verso una carriera costellata di fama e successo. Dietro questo capolavoro della cinematografia si è stati sempre soliti attribuire la paternità del soggetto al Sig. c. In realtà la penna dalla quale è nata questa storia appassionante è quella di Dalton Trumbo, scrittore dotato di un estro fuori dal comune e di gran talento, all’epoca oppresso dal sistema “democratico”.

Il film “L’ultima parola: la vera storia di Dalton Trumbo”, non ha nulla a che vedere con i soliti film “dedicati” che trattano la carriera del singolo, come approfondimento della sua vita, dei suoi successi o dei suoi modus operandi. In questo film si può comprendere la forza, la necessità e la battaglia continua che Trumbo, magistralmente interpretato da Bryan Cranston (già attore della famosa serie TV Breaking Bad e candidato al Premio Oscar 2016 come miglior attore protagonista), dovette portare avanti contro la dittatura democratica del governo americano, la cui ascesa cominciò a partire dalla Grande Depressione degli anni ’30.

dalton1Mentre in Italia la propaganda fascista aveva già preso piede e i mass media erano già ampiamente influenzati dalla politica mussoliniana, in America questo processo di annerimento socio-politico attecchì completamente soltanto negli anni ’40, a ridosso dell’inizio del secondo conflitto mondiale. Se da una parte l’America viveva ancorato questo spirito bellico “democratico” fino ad arrivare all’alleanza con l’Unione Sovietica, dall’altra il partito Comunista prendeva segretamente consensi su larga scala. Il film si presenta come uno spaccato psicologico, intimo e ideologico, sulla scia d’un singolo, del percorso tortuoso che Trumbo dovette affrontare. La sua colpa? Essere un uomo integerrimo, con un senso di giustizia che faceva paura al governo americano, poiché secondo il Congresso la sua libertà d’espressione e la sua stessa persona erano il mezzo estremo con il quale la propaganda comunista avrebbe potuto scuotere i cittadini americani. Il suo successo nel mondo Hollywoodiano purtroppo non gli fu d’aiuto. Chiamato a testimoniare davanti alla Commissione per le attività antiamericane, si rifiutò categoricamente; ciò gli valse l’iscrizione del suo nome (insieme ad altri nove personaggi del mondo Hollywoodiano) nella lista nera del Governo. Trumbo fu incarcerato per undici mesi, per poi rifugiarsi in Messico, luogo in cui cercherà nuovamente fortuna, scrivendo sceneggiature sotto vari pseudonimi, vincendo tra l’altro due Oscar per i film “Vacanze Romane” e “La più grande corrida”.

dalton3Immerso completamente nel personaggio di Trumbo, Bryan Cranston riesce a comunicarci il disagio interiore ed esteriore; la lotta disumana nel mantenimento della dignità, delle ideologie e della libertà personale contro un governo che con la democrazia ha ben poco da spartire; la sofferenza verso gli amici perduti; l’umiltà di un uomo nell’ambiente familiare e la sua ostinazione in difesa dei diritti dei lavoratori. Per quanto sia rimasto soddisfatto di aver visto Leonardo Di Caprio con la sua tanto agognata statuetta tra le mani, forse un pensierino su Cranston lo avrei anche fatto volentieri.

Il regista Jay Roach ha fatto complessivamente un buon lavoro, regalandoci un film su diversi fronti: dal retroscena della “Età aurea” hollywoodiana, con intromissioni di registi dell’epoca al lavoro nelle loro riprese (ad esempio Kirk Douglas e Otto Preminger, che furono d’aiuto a Trumbo nel suo cammino di riaccettazione), alla vita più intima e personale del protagonista (con lo strazio disumano che solo Cranston ha saputo interpretare), fino all’utilizzo di immagini di repertorio che rendono questa ricerca storica veritiera e genuina. Avendo davanti un soggetto non facile da trattare, il regista non ha voluto spingersi oltre, mantenendo un prodotto complessivamente equilibrato, di ottimo impatto, ma dal quale forse mi sarei aspettato approfondimenti più “oscuri” a livello storico e sulla psicologia dei personaggi.

“Anch’io come Trumbo, un giorno, potrei trovarmi a scrivere le recensioni fumando, immerso in una vasca da bagno. Sarò pronto. Io sono un uomo e mai venderò la mia identità; mi spetteranno di diritto l’onore e il dovere di pronunciare… l’ultima parola”.

 VOTO COMPLESSIVO: 7,5/10

Fabrizio Raggi

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