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“La letterina di Natale”: un racconto di Giovanni Renella

La letterina di Natale

Un racconto di Giovanni Renella

Il profumo del brodo si era diffuso in tutta la casa.

Al centro della tavola erano state accese le candele rosse.

Tutto era pronto per il pranzo di Natale.

Fu a quel punto che lui, con ancora indosso il pigiama di flanella a quadrettoni, salì in piedi sulla sedia per leggere la letterina.

E l’ansia assalì i commensali.

Non che fossero del tutto impreparati a una simile evenienza, ma a distanza di un anno non si aspettavano che la cosa si ripetesse.

Fino all’ultimo avevano sperato di non assistere nuovamente a quell’avvilente spettacolo, ma vederlo lì, pronto a declamare le buone intenzioni propiziate dalla santa festività, fece ripiombare tutti nello sconforto più assoluto.

Era già da alcuni anni che si replicava il rito della lettura della letterina durante il pranzo di Natale, ma ancora non si erano abituati, forse perché intimamente si auguravano che la situazione potesse migliorare.

Non che i mesi trascorsi avessero lasciato intuire la possibilità di intravedere un possibile cambiamento, ma la speranza, si sa, è sempre l’ultima a morire.

Qualche colpetto di tosse annunciò l’imminente inizio e tutti, rassegnati, si predisposero all’ascolto.

La debole voce dell’oratore, che farfugliava parole per lo più incomprensibili e spesso prive di un senso compiuto che legasse le une alle altre, provocò, nella silente platea, una pietosa commozione; e non furono poche le lacrime che rigarono le guance di alcuni fra i presenti.

Molti non resistettero e, fra i singhiozzi, abbandonarono la tavola imbandita.

La fiamma delle candele si rifletteva negli occhi umidi di chi stoicamente resisteva.

Mentre col capo chino, in attesa del battimano finale, restava in piedi sulla sedia in equilibrio precario a ripiegare la letterina, un silenzio irreale calò nella stanza

Poi, liberatorio, partì l’applauso.

Solo allora, con un sorriso assente stampato sul volto e circondato da figli e nipoti che lo aiutavano a scendere dalla sedia, il nonno tornò ad accomodarsi nel suo mondo, di cui gli altri, ormai, non facevano più parte.

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