Storia di una puttana
Un racconto di Giovanni Renella
In un paese e in un’epoca in cui le altre donne non erano libere di muoversi a loro piacimento, lei se ne andava in giro da sola, con i lunghi capelli sciolti sulle spalle senza alcun velo che li coprisse.
Non aveva né marito né figli, né un padre o un fratello che potessero decidere per lei, e neanche le sarebbe piaciuto averli.
Non si era mai legata a un compagno perchè non sopportava neppure l’idea di dover dar conto a chicchessia di come intendeva vivere la sua vita.
Questo suo voler essere libera, in una società di donne oppresse, finì col farle affibbiare quell’appellativo che i peggiori fra gli uomini riservano alle donne che vorrebbero ma non riescono ad avere: puttana!
Un epiteto che le faceva più male quando a pronunciarlo erano le donne, gelose degli sguardi lascivi che i loro mariti le rivolgevano vedendola passare.
Eppure nessuno avrebbe potuto giurare di averla conosciuta carnalmente.
Ma la calunnia volò lontano, sospinta da poderose folate di maldicenze, e finì col giungere all’orecchio di un giovane che tanto stava facendo parlare di sè da quelle parti.
E più del caso, fu la volontà dell’uomo a far sì che i due si incontrassero.
Lui, riservato e schivo per natura, accettò di partecipare a una festa organizzata in suo onore da un notabile del luogo, poiché sapeva che sarebbe stata invitata anche la donna, la cui bellezza e fama immeritata alimentavano, invano, la bramosia degli ospiti.
Un disegno superiore volle che i due finissero per conoscersi e intrecciare le loro vite.
Parlarono a lungo, tutta la sera, e quando la festa si concluse andarono via insieme e continuarono a confidarsi, l’una con l’altro, senza mai interrompere il flusso di sguardi che li univa attraverso gli occhi.
Da quel momento fu amore, e per lei lo fu per la prima volta.
A dispetto della nomea di prostituta che fino ad allora l’aveva accompagnata, fu casto e puro il sentimento che per sempre unì Maria di Magdala a Gesù.