Piedi a terra terra saldamente per aria
Leggerezza non è superficialità ma planare sulle cose dall’alto, senza avere macigni sul cuore.
E’ questa la bellissima lezione che ci regala Italo Calvino nelle sue “Lezioni americane” una sorta di tributo a una visione del mondo tenace e gentile, ferma ma morbida, non si tratta di edulcorare la realtà, neanche di fuggire o volare via, ma solo di vestirla con colori e tonalità accese.
Pesantezza per me significa rimuginare sul passato, aprire le porte a un fastidioso vocio interiore fatto di “Se avessi detto quello” oppure “Se non avessi detto quello”.
Sono pesante quando mi fermo a questioni di principio, quando voglio avere ragione a tutti i costi, quando alzo un muro di cemento o metto una lastra di vetro tra me e il mio interlocutore, quando sono rigida nelle mie convinzioni, quando dimentico che ho ali e un tappeto volante, la mia fantasia, che mi possono portare ovunque desideri.
Sono leggera quando scrivo, quando nuoto a rana oppure a cagnolino, quando ascolto “Disperato erotico stomp” di Lucio Dalla, quando cammino, quando scarabocchio su un foglio, quando osservo i miei figli fare i compiti, quando guardo ER e sono così presa nella narrazione delle vicende di questo ospedale americano da chiedermi “Perché Carrie ha le stampelle? “. Nessuno lo spiega.
La pesantezza mi fa venire le rughe di gallina intorno agli occhi, mi fa sentire male alla pancia, le gambe pesanti come tronchi, la leggerezza mi illumina il volto e mi fa brillare gli occhi, mi fa venire voglia di fare un sospiro al cielo, guardare le stelle, scrutare la forma strana delle nuvole.
Non sempre si può essere leggeri, non sempre si può fuggire da un dispiacere, ma a parte notizie gravi o vicende dolorose l’approccio al quotidiano siamo noi a determinarlo, il bello è ovunque e va cercato, sono io a decidere se destinare quei quindici minuti d’auto che mi portano al lavoro a imprecare contro gli automobilisti oppure cantare a squarciagola, sono io che posso scegliere se sorridere a chi incontro per strada oppure abbassare gli occhi.
Spesso non siamo lievi e senza accorgercene rendiamo denso e gravoso anche ciò che sarebbe facile.
Provetti accumulatori seriali di pensieri che non servono, viviamo nel superfluo incapaci di fare spazio al nuovo. Ci fissiamo sulle stesse cose.
Posso ironizzare su piccoli grandi crucci oppure farli più grandi di ciò che sono trasformarli in macigni, zavorre pesantissime.
Qualche tempo fa l’Universo mi ha regalato una grande lezione una vera svolta, in un momento di non comprensione e ostilità con altri stavo per girare i tacchi, un groppo alla gola aveva preso il posto del mio desiderio di spiegare ciò che per me era ovvio, stavo per salutare non troppo cortesemente i miei interlocutori quando uno di loro mi ha detto “Capisco e conosco il tuo desiderio di stare solo nelle cose belle, ma maturità è anche restare nei momenti di frizione che creano disagio, senza scappare”.
Touchè
Verissimo, ho la tendenza a scappare dalle situazioni in cui non mi sento a mio agio e di ricominciare.
Non è corretto, a volte bisogna stare anche nel “disagio” e superarlo.
E così è stato.
Ho ritrovato la parola e sono rimasta.
Non sempre è possibile, spesso è giusto almeno provarci, per evitare fastidiosi rimuginii e nel caso peggiore per riderci a distanza di tempo , con leggerezza, quella che alberga nel cuore di chi sa in coscienza di aver fatto tutto il possibile”.
“E’ stata una giornata pesante è andato tutto storto” dice il pesante
“Ho avuto un bel po’ da ballare ma mercoledì esce il nuovo libro di Daria Bignardi e non vedo l’ora” di leggerlo.
E’ stata una giornata uggiosa ma vado a letto con dieci gocce di lavanda sui polsi e mi regalo un sonno con tanti sogni.
Oggi non sono riuscita a dirlo ma domani lo scrivo.
Leggerezza…un’attitudine che si apprende…
Piedi per terra e testa saldamente per aria.
Chiara Macina