Dopo l’inverno arriva sempre la primavera
“La ricaduta è peggio della caduta” c’è molta verità in questa frase che ho letto nei giorni scorsi e che deve senza dubbio essere stata pronunciata da una mente illuminata, non sapevamo cosa ci aspettava al principio dello scorso marzo, non eravamo certi sulla durata del lockdown, né tanto sicuri di non stare sognando tanto era assurda e paradossale la situazione, tragica tantissime le vittime e un virus velocissimo che non si sa bene quali logiche segua, nuova tanto tempo per sé e per la famiglia, angosciante come sarà il dopo? Torneremo mai alla normalità?
La scorsa domenica ho sentito una strana sensazione per tutto il giorno, la conferenza di Conte , l’emanazione del Dpcm, l’attesa per il decreto sammarinese, avevo come l’impressione di essere all’interno di un deja vu, un film già visto e che l’inevitabile finale sarebbe stato uno solo: lockdown.
Pensavo ai miei figli, uno in quinta elementare l’altra in quinta superiore, il primo un provetto calciatore in stand-by forzato che da quando ha riscoperto la socialità ha dimenticato di essere timido tanto l’aveva patita, la seconda una dolcissima donna che si affaccia alla vita, con una scelta importante da fare quella universitaria e il legittimo sacrosanto desiderio di vivere questo ultimo anno alle superiori come lo abbiamo vissuto tutti, stretta ai suoi compagni di classe, in ultima bolla di spensieratezza prima dell’ingresso nell’età adulta, a programmare gite, veglione, serata dei cento giorni, pomeriggio bivacco di studio…ho pensato tanto ai miei di compagni di classe, a quella gita di quinta in Tunisia dove siamo rimasti bloccati nel deserto per qualche ora per un guasto alla jeep e mille altri aneddoti che mi fanno ridere a crepapelle, altri che mi fanno commuovere, come quando io e il mio compagno di banco Andrea avevamo messo una tassa sui rispettivi spazi “ciò che cade sul mio banco diventa mio” “ciò che cade sul tuo banco diventa tuo”, non potevamo sapere che i nostri figli avrebbero avuto banchi distanziati.
Dobbiamo essere bravi, dobbiamo essere responsabili, lo saremo la posta in gioca è troppo alta: il futuro nostro e dei nostri figli…ma il cuore sanguina.
Ho provato a condividere il mio stato d’animo con le persone più care, purtroppo non esiste parola magica, non mi rassicura il “andrà tutto bene” mi spaventa il “ci risiamo”, mi fa bene la verità, un amico medico con molta sincerità ha risposto al mio “ho paura” con un “ti capisco ho paura anche io” e al mio “cosa si fa per superare la paura?” “si abbracciano le persone che amiamo” in maniera metaforica se non congiunti, in maniera fisica se congiunti, ma si resta vicini, non attaccati ciascuno alla maniglia della propria paura.
La paura c’è ed è tanta ma non possiamo farla diventare prevalente altrimenti abbiamo già perso la partita in partenza, cosa possiamo fare? Indossare la mascherina, tenere la distanza, igienizzare le mani e…sorridere, perché il distanziamento deve essere solo fisico mai sociale, non dal punto di vista emotivo almeno.
Se condivido la mia paura trovo la soluzione giusta per me, come quella che mi ha indicato un carissimo amico al quale confidavo il mio stato d’animo “Hai paura? Allora è il momento di scrivere”, se condivido solo l’aggressività che a volte fa capolino pensando alle conseguenze personali dell’evolversi della situazione non vado da nessuna parte, e soprattutto mi allontano dagli altri e da me.
E quando si ama questo non si fa.
Ti voglio bene e tengo la distanza ma il mio cuore è vicino al tuo, ho la mascherina ma se guardi bene i miei occhi puoi vedere che sorrido, al futuro, ai progetti che non devono morire, alla primavera che arriva sempre dopo l’inverno e io l’aspetto a braccia aperte.
Senza l’inverno, non ci può essere primavera. Senza errori, non ci può essere apprendimento. Senza dubbio, non ci può essere fiducia. Senza paura, non ci può essere coraggio. I miei errori, le mie paure e i miei dubbi sono il cammino che mi conducono verso la saggezza. -Antonia Gravina
Chiara Macina