Un amore con la lingua blu
di Eleonora Protopapa
Era il maggio del 2008 quando tornate da scuola due sorelle non sapevano che quel giorno sarebbe stato speciale e indelebile nella loro memoria. La porta del corridoio era chiusa e la mamma aveva bloccato la sorella maggiore concedendo alla minore di entrare per prima nella camera adibita allo studio. Con lo zaino ancora in spalla le ragazze avevano percorso pochi metri e avevano udito qualcosa di insolito così si erano affrettate per capire la ragione di tanto mistero da parte dei loro genitori.
Nella stanza in una cesta di vimini avvolto da una copertina, c’era un cucciolo che piagnucolava e con piccoli salti entrava e usciva dalla sua culletta. Era un cucciolo di shar-pei, di quelli con tante rughette sulla faccia e sulle zampe, la lingua blu, una coda a ricciolo e il pelo color sabbia. Non c’erano parole adeguate per poter comunicare la gioia ineffabile di quel dono. Per non lasciarlo neppure un minuto solo, lo avevano trasportato nella piccola cucina e dopo l’entusiasmo iniziale, una strana sensazione aveva preso a serpeggiare tra i componenti della famiglia riunita per il pranzo. Il cane aveva un occhio chiuso e quando guardava in direzione dei nuovi padroni lo faceva con difficoltà.
C’erano stati momenti di panico, la sorella minore aveva iniziato a piangere, temendo che il cucciolo fosse malato o addirittura sprovvisto di un occhio. La mamma con cautela, aveva provato ad aprire quella palpebra anche a rischio di conoscere un’amara verità. In realtà però il cucciolo era nato in un ambiente umido, non era menomato, ma la piccola di casa aveva promesso che non lo avrebbe mandato indietro neppure se fosse stato orbo tanto era forte quel sentimento acerbo.
La mamma con molta pazienza aveva preso l’abitudine di fargli degli impacchi di camomilla e man mano che passavano i giorni la palpebra si apriva sempre di più fino a donare al cucciolo la vista completa. Aveva due stelle al posto degli occhi, ci si poteva perdere in quei globi del colore del cacao, occhi da cerbiatto, occhi puri che nessun umano potrà mai avere. Il suo nome era ed è Noè e non era stato ben accolto dal condominio pur essendoci altri cani. L’inquilina del piano di sotto aveva preso l’abitudine di mettere un telo per coprire i vestiti messi ad asciugare, adducendo la colpa al pelo del cane che volava e le sporcava il bucato.
Noè era costretto a vivere su un angusto balcone, le aiuole erano state tutte occupate dagli altri condomini. Le due sorelle temevano che le lagnanze di quella donna insensibile avrebbero avuto l’inevitabile conseguenza di togliersi il cane, ma la mamma aveva isolato il balcone e neppure una briciola di pane sarebbe arrivata al piano inferiore. La cattiveria umana non aveva limiti così la donna aveva continuato a coprire le lenzuola coinvolgendo anche un’altra vicina a mostrare animosità nei confronti del cucciolo.
Le ragazze erano molto attente e facevano di tutto per non destare il malcontento ormai innescato. Le amicizie in un paese forestiero scarseggiavano, ma le sorelle non se ne curavano avevano la loro fonte di amore perpetuo a ripagarle. Quanti giochi si inventavano per lui, peluche, palloni fino ai più bizzarri come un flauto e un mattarello. Un giorno arrivò un altro cane, un rottweiler tutto pepe e il proprietario, collega del papà, aveva dato libera scelta sul nome così la piccola consultandosi con la mamma aveva deciso di chiamarlo Marlon come la celebre stella del cinema. Tra Noè e Marlon però non scorreva buon sangue e quando Marlon era diventato grande e grosso più del primo non mancò un zuffa molto pericolosa. Per fortuna il padre era stato lesto a separare i due cani e Noè era ritornato a casa solo con qualche graffio e l’onore ferito.
La vita era diventata insopportabile, il povero Noè non era più libero di andare da nessuna parte, che subito una delle due donne sgridava le ragazze per non far sporcare le lenzuola appena stese. Il cane era stato costretto a vivere tra il balcone e un terrazzo costringendo i padroni ad alzarsi persino nel cuore della notte. Le sorelle soffrivano molto ed erano costantemente terrorizzate dal fatto che qualcuno potesse avvelenare la ciotola del cane. Si era raggiunto il culmine della paura, avevano solo lui come unico amico e glielo volevano togliere. La mamma aveva deciso di prendere in mano la situazione e di abbandonare il condominio per commissionare la costruzione di una casa tutta nuova nel paese natale. La prima cosa che avevano inserito nel progetto era stato il giardino, un bel fazzoletto di terra tutto per Noè, senza avere più timore che qualcuno lo portasse via. Le maestranze avevano impiegato più del previsto e la famiglia era stata costretta a passare quasi un anno intero in una casa al mare senza riscaldamenti.
Tra mille difficoltà, la casa alla fine era stata completata e Noè poteva stare tranquillo e beato senza che nessuno lo sgridasse o lo minacciasse più. Le due sorelle avevano trovato molte difficoltà ad ambientarsi anche se quello era stato il loro paese d’origine e si erano trasferite lì con tanti sogni nel cassetto: intraprendere nuove amicizie, stare con le zie e le cugine e invece, i parenti erano rimasti sempre freddi e invidiosi e le amicizie non decollavano mai.
Avevano compreso la verità ovvero che non era stata la lontananza a renderli assenti per tutti quegli anni. Nonostante la sua mole definita, Noè era sempre riuscito ad asciugare ogni lacrima facendo sbocciare un sorriso, ma lui aveva avvertito la malinconia che si diffondeva tra le mura di quella bella casa nuova e il suo carattere era diventato irascibile con i forestieri impedendo a chiunque di valicare il confine del suo cancello. Il cane era in tutto e per tutto una spugna, che per detergere le sofferenze altrui aveva assorbito il malcontento diventando un cane gentile e affettuoso solo con i quattro componenti della famiglia e aggressivo con gli estranei.
Non era facile e non lo è tuttora gestire un cane con il carattere di Noè, ma la famiglia lo amava e lo ama tantissimo dicendo sempre: «Non lo rinnegheremo mai, era, è e sarà sempre l’amore della nostra vita. Lui c’è sempre stato quando gli altri ci ignoravano. Non ci sarà mai regalo che potrà pareggiare con lui. Le scarpe, le borse e tutti quei fronzoli all’ultimo grido non contano niente per noi. Se gli altri non accettano Noè vuol dire allora che non meritano di far parte della nostra vita».
Ci sono mille difficoltà per colpa dei tempi moderni, dove gli sforzi di una vita di duro studio vengono cancellati riconoscendo meriti a gente che con un post guadagna milioni, ma bisogna imparare da Noè che aveva tutti contro in quel condominio eppure alla fine l’ha spuntata. Lui ora vive in una villetta rosa e quando va in giardino può guardare il cielo blu pieno di stelle e correre per il corridoio a fare le feste al suo padrone quando rincasa dal lavoro; mentre chi gli dava addosso è ancora lì con i muri ammuffiti, i litigi per il parcheggio, per il capo che li stressa, i citofoni che suonano a tutte le ore, senza avere la libertà di poter aprire e chiudere il cancello a proprio piacimento.
La vita si aggiusta da sola, non bisogna sprecarla a rimuginare sul passato o nel pensare a gente che non merita il tuo affetto. È un’impresa ardua affrontare il futuro, ma è necessario prendere la forza da chi ti ama, anche se a volte ha quattro zampe e una coda che agita a mo’ di “feliciometro” per ricordarti che nulla mai è perduto se qualcuno ti vuole bene anche se non può dirtelo a parole.