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Peppino Impastato: una voce libera e un esempio di lotta contro tutte le mafie

Da militante della sinistra a voce dell’emittente di controinformazione Radio Aut: Peppino Impastato viene ucciso dalla mafia siciliana nel 1978. Alla sua figura sono stati negli anni dedicate monografie e poesie; anche il cinema gli ha reso omaggio con la bellissima pellicola “I cento passi”.

Nella notte tra l’8 e il 9 maggio 1978, Peppino Impastato è brutalmente ucciso dalla mafia: condotto sui binari della linea ferroviaria Palermo-Trapani, viene imbottito di esplosivo e quindi fatto saltare in aria. Pochi giorni dopo si sarebbero tenute le elezioni comunali nel suo paese in provincia di Palermo, Cinisi, nelle quali avrebbe corso come candidato per la lista di Democrazia Proletaria. Le indagini sono inizialmente orientate verso un presunto e fallito attentato terroristico, ordito dallo stesso Impastato, oppure verso il suicidio eclatante. La verità è tuttavia lontanissima da quelle ipotesi investigative, così superficiali e sostanzialmente prive di fondamento; la verità, infatti, è soltanto una e dovrebbe condurre gli inquirenti verso quella parola spaventosa e terribile persino da pronunciare: mafia. Quello di Peppino Impastato è dunque un omicidio di mafia; tuttavia occorrono circa ventiquattro anni e la preziosa testimonianza di un collaboratore di giustizia per giungere alla verità processuale: tra il 2001 e il 2002 vengono condannati, come mandanti del delitto, due esponenti di Cosa Nostra, ossia Vito Palazzolo e Gaetano Badalamenti, entrambi poi deceduti.

Gaetano Badalamenti, altresì condannato già alla fine degli anni Ottanta negli Stati Uniti nell’ambito di un’indagine legata al traffico di droga, nota come “Pizza Connection”, è all’epoca dei fatti riguardanti Peppino Impastato il capo della locale cosca mafiosa di Cinisi: per tale ragione, Badalamenti diviene il principale bersaglio delle invettive radiofoniche di Radio Aut, l’emittente di controinformazione diretta da Impastato. Dai microfoni della trasmissione Onda Pazza, Peppino Impastato e i suoi compagni denunciano con coraggio, ma anche con pungente ironia, sia un ambiente politico incapace di contrastare la malavita organizzata e sia direttamente le attività illecite del boss, che viene sovente ribattezzato “Tano Seduto”, mentre la città di Cinisi diventa “Mafiopoli”. Contestualizzando in maniera più ampia le lotte politiche e di protesta di quel periodo, bisogna ricordare che quegli sono gli anni di un’estesa speculazione edilizia, che interessa Palermo e alcuni comuni limitrofi, nonché del progetto di allargamento dell’aeroporto di Punta Raisi, che comporta l’esproprio forzato di diversi terreni coltivati. Tanto basta per uccidere questo ragazzo.

Peppino Impastato è considerato un pericolo perché denuncia quotidianamente il malaffare politico-mafioso; perché col suo circolo di musica e cultura riesce a coinvolgere intorno a sé numerosi coetanei, creando un movimento di pensiero e di lotta alla criminalità; ma soprattutto perché si sta ribellando a un sistema nel quale la sua famiglia è ben inserita: una sorella di Luigi Impastato, padre di Peppino, ha sposato Cesare Manzella, uno degli esponenti di spicco di Cosa Nostra in quegli anni. Finché Luigi Impastato è in vita, in virtù della sua frequentazione con ambienti vicini alla figura di Gaetano Badalamenti, Peppino non corre gravi pericoli; venuta meno la protezione del padre, in seguito al decesso di quest’ultimo, la mafia ha di fatto il via libera per sbarazzarsi di Peppino Impastato. Per oltre un ventennio la madre, Felicia Bartolotta, e il fratello minore Giovanni lottano affinché i veri responsabili del delitto siano assicurati alla giustizia. Alla memoria del giovane attivista sono state dedicate negli anni diverse opere letterarie; anche il cinema gli ha reso omaggio con la pellicola “I cento passi” di Marco Tullio Giordana, uscita nelle sale nel 2000: appena cento erano, infatti, i passi che separavano la casa di Impastato da quella di Badalamenti.

Nel film è Luigi Lo Cascio a recitare il ruolo di Peppino, mentre Tony Sperandeo veste i panni del boss Don Tano. “Io voglio scrivere che la mafia è una montagna di merda”, è una delle frasi più belle della pellicola nella scena clou in cui Peppino Impastato urla a squarciagola il suo odio verso Cosa Nostra sotto la finestra di Tano Badalamenti. “I cento passi” è anche il titolo di una canzone dei Modena City Ramblers: “Nato nella terra dei vespri e degli aranci, tra Cinisi e Palermo parlava alla sua radio. Negli occhi si leggeva la voglia di cambiare, la voglia di giustizia che lo portò a lottare”, recitano le prime memorabili strofe. La Casa della Memoria “Felicia e Peppino Impastato”, a Cinisi, è tuttora un baluardo di legalità aperto al pubblico: un esempio e una testimonianza dell’impegno e della lotta contro tutte le mafie. Peppino è vivo e lotta insieme a noi.

Simone Sperduto 

 

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