E’ intorno al tavolo di cucina che si consuma la vita di una famiglia, è tra un “no le verdure no” e un “le polpette sono tutte mie!” che ci si raccontano le cose importanti, o ci si guarda in silenzio, è nella ritualità dei gesti che si costruisce il ricordo e si diventa noi quattro, noi tre, noi cinque, e lo si resta tutta la vita, anche dopo sposati, anche dopo essere diventati genitori, anche dopo avere perso i propri.
Noi quattro: storia di una famiglia sul tappeto volante
Il tavolo di cucina della mia famiglia era rettangolare, di legno scuro, a capotavola sedevano mio babbo nel lato più vicino al televisore, mio fratello in quello più prossimo alla porta, ai lati più lunghi io e mia mamma, lei più vicina ai fornelli, io il più possibile attaccata al piatto di mio fratello dal quale attingevo il surplus per arricchire il mio.
Cena quasi sempre intorno alle 19.30, tele sintonizzata sui Puffi quando eravamo piccoli, su Happy Days da adolescenti, Sarabanda poi.
Verso le otto arrivava a tavola mio babbo prima chiedendo molto delicatamente “Guardiamo un pò cosa succede nel mondo?” per poi passare gradatamente a un “Ma non vi interessa sapere cosa succede nel mondo brutti asini?” per poi terminare con un deciso impossessamento del telecomando e cambio di canale.
Non c’è stata notizia di rilevanza regionale o mondiale annunciata dallo speaker del tg che non sia stata coperta dalle risate mie e di mio fratello che invece di guardare il telegiornale ci trastullavamo con espedienti di questo genere: posizionamento di una fetta di prosciutto crudo sulla lingua e immancabile “Guarda ho la lingua felpata”, ripetuto mille volte.
Sedere a quel tavolo era come salire su un tappeto volante che poteva portarci ovunque, abbiamo riso e litigato anche tanto, soprattutto io e mia mamma, quando i toni si facevano troppo accesi solitamente mio babbo se ne usciva con una battuta così sarcastica e pungente da freddarci sul momento e poi farci ridere sino alle lacrime.
Non ho più riso così di gusto come intorno a quella tavola, e neanche mangiato più così bene.
Oggi quella cucina c’è ancora, non più quel tavolo, non più mio babbo, capita spesso soprattutto in inverno quando i bambini sono a scuola che pranzi lì con mia mamma e mio fratello, ora cambiamo sempre di posto, non ne abbiamo più uno fisso, perso il nostro equilibrio a quattro fatichiamo ancora un pò a trovarne uno nuovo.
Di solito mia mamma riempie sempre il piatto a mio fratello, è più parca nelle mie porzioni, io ho sempre mangiato troppo,lui sempre troppo poco, lui di solito è inappetente e mi passa di nascosto ciò che non gli va, io fossi pure a dieta rigida accetto pur di provare ancora quel brivido di farla ancora franca a mia mamma.
Ancora oggi è a tavola che ci si confronta e scontra “quei bambini sono sempre al computer” tuona mia mamma “Embè?” rispondo io in un ritrovato slancio di protesta adolescenziale.
Adesso è mio fratello che a volte cerca di fare da paciere tra noi giocando la carta dell’ironia, più spesso ci chiude in cucina e va nella sala a fumare chiedendo al cielo che male abbia fatto al mondo.
Ancora oggi qualche volta mi sembra di essere con loro sul nostro tappeto volante, ci conosciamo così bene che a volte pure le parole sono di troppo, il discorso quando siamo soli scivola spesso su qualche aneddoto della nostra vita a quattro, cose buffe che non racconto neanche ai miei figli, perchè hanno i nostri colori, le nostre dinamiche, il nostro linguaggio, quella volta che per sbaglio il babbo ha buttato le camicie nuove nel bidone delle via e poi ci si è fiondato dentro per recuperarle e tanti altri ricordi che ci fanno morire dal ridere e riportano lontano.
Una sera una vicina di casa poco dopo la morte di io babbo mi ha detto “Vedrai passato un pò di tempo ti ritroverai a parlarne con allegria con tua mamma e tuo fratello come fosse ancora con voi”:
E’ proprio così dividiamo ancora lo stesso tappeto volante, lo divideremo sino all’ultimo dei miei respiri.
Chiara Macina