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Il Trenino Biancazzurro: la breve vita e la fine

LA VITA DEL TRENINO

Il trenino biancoazzurro permetteva di spostarsi in breve tempo dalla spiaggia di Rimini in un territorio tipicamente montano.

Esaudì un desiderio al tempo poco accessibile ai più, quello di visitare uno Stato estero, contribuì a fare conoscere la storia di San Marino e una Terra ricca di fascino e peculiarità anche di tipo istituzionale.

San Marino cominciò a essere felice meta di turisti , si decise di trasformare la zona bagagliaio di alcune carrozze in carrozze di terza classe, modifica eseguita nel 1938 dalle officine sociali di Rimini Marina.

I ferrovieri aumentarono in numero sino a raggiungere le 24 unità, altrettanti gli operai e assuntori.

Una relazione del 1940 tratteggia una sorta di bilancio a otto anni dall’inaugurazione, non rilevate anomale tracce di usura, nè rotture di rotaie o traverse.

Risale al 1940 anche l’inizio del periodo della guerra, durante il quale il Trenino cambiò la sua funzione e il suo personale venne dichiarato “militarizzato civile”, si applicarono fodere ai fanali e tele blu intorno alle lampade interne, come misure di oscuramento.

Non più preso d’assalto dai turisti alla scoperta delle bellezze del territorio ma dai riminesi alla ricerca di alimentari razionati.

Alimentari peraltro provenienti dall’Italia, ma che a San Marino tornavano sfuggendo a dazi e tesseramento.

In questi anni aumentò notevolmente l’esigenza di servirsi del Treno in quanto i mezzi venivano requisiti e utilizzati in altro modo, anche se la linea cominciava a dare i primi segni di stanchezza, il parco rotabili troppo modesto nelle dimensioni, la manutenzione del tutto insufficiente.

Nell’Inverno del 1942 una copiosa nevicata fermò il Trenino, il servizio potè essere ripristinato solo dopo una settimana, con una sola elettromotrice, la popolazione insorse, tra l’altro era stato bloccato anche il servizio postale con grave disagio per l’utenza, venne aperta un’inchiesta del Circolo ferroviario di Bologna cui spettava la sorvegliaznza su questa linea.

Direttive di quell’epoca sul risparmio energetico costrinsero a ridurre il numero di corse a due coppie, solo nell’aprile del 1942 si stabilì che le ferrovie erano esentate dal rispetto di questo norme.

Nel 1943 si decise, con l’avanzata del fronte di guerra, di trasferire a San Marino il materiale e archivio della Ferrovia, operazione effettuata in modo graduale con l’invio di singoli carri completi, agganciati ai treni ordinari.

La Segreteria di Stato in quel tempo segnalò l’esigenza di utilizzare le Gallerie come rifugio antiaereo in caso di necessità, questo preoccupò molto la SVEFT, perchè avrebbe interrotto la circolazione ferroviaria ad ogni allarme, senza garantire la pronta agibilità della linea.

Alla fine del 1943 Rimini venne pesantemente bombardata, in particolare quelli del 26 e 27 novembre, causarono alla nostra ferrovia la quasi totale perdita degli impianti siti a Rimini.

Migliore la situazione a Marina, due bombe centrarono l’impianto ma non esplosero, il binario era però sconvolto e tre carri merci rimasero bloccati a Rimini.

Miracolosamente incolume il personale.

Un ordine di servizio della SVEFT limitò dalla sera del 26 novembre 1943 il servizio al passaggio a livello della Colonnella, il cui casello fu promosso al rango di fermata. Si sgomberò in questo periodo tutto ciò che era rimasto a Rimini, si cercò anche di creare una rudimentale officina.

I bombardamenti divennero sempre più incessanti sulla città di Rimini seriamente provata, le Ferrovie dello Stato non riuscivano ad espletare alcun servizio.

LA FINE DEL TRENINO BIANCOAZZURRO

Il 26 giugno 1944 gli americani sganciarono una bomba sull’antica Terra della Libertà, molti i feriti e danni ingenti che interessarono anche la Ferrovia Rimini-San Marino, centrata in pieno tra Valdragone e Domagnano, rimanendo interrotta. A poco valsero le scuse.

Il materiale rotabile concentrato nella stazione di San Marino rimase isolato e bloccato per mancanza di energia elettrica. Fu imbastito comunque un minimo di servizio tra Domagnano- Montelupo e il casello della Colonnella. In questo periodo la funzione principale del Trenino fu quella di portare gli sfollati che da Rimini si avventuravano sul Titano, che raggiunsero il numero di 60 o 70.ooo, vale a dire 6 o 7 volte maggiore la popolazione abitualmente residente.

Essi occupavano case, capannoni ma anche le gallerie, ciò era di ostacolo alla parte del percorso rimasta in essere, il 4 luglio 1944 il servizio veniva sospeso, il fronte eraormai vicino a Rimini, nessuno partiva più.

L’ultima corsa, per porre al riparo rotabili e materiale sociale, venne effettuata la sera dell’11 luglio 1944, con l’ultima elettromotrice disponibile AB 04, l’elettromotrice si portò un ultima volta al casello della Colonnella guidata dal macchinista Callegarin, con a bordo alcuni colleghi.

Giunta a Serravalle l’elettromotrice si ricoverò nella galleria di Cà Vir, con due carrozze e tre carri. Infine, la sottostazione di Dogana tolse la tensione per l’ultima volta.

Tra il 12 e il 13 settembre 1944 si scatenò con grande violenza la battaglia di Rimini, la nostra linea si guadagnò menzioni nelle cronache militari, servendo da riparo agli eserciti opposti. Tornò finalmente la pace e con essa i progetti legati alla ricostruzione.

Molti progetti proposero la rimessa in funzione del Trenino ma la nostra linea non fu mai ripristinata, il governo italiano in risposta ad un’interrogazione parlamentare del 1948, dichiarò che non era obbligato a ricostruire una linea che era frutto di particolari accordi dello scomparso regime fascista.

Chiara Macina

 

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